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La Poesia come dono di Dio: la storia di Donata Doni da Lagonegro

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Giudice:  Qual è la sua professione? Brodskij:  Poeta, poeta e traduttore. Giudice:  E chi ha riconosciuto che siete poeta? Chi vi annovera tra i poeti? Brodskij:  Nessuno. E chi mi annovera nel genere umano? Giudice:  Avete studiato per questo? Brodskij:  Per cosa? Giudice:  Per essere un poeta! Non avete cercato di completare l'università dove preparano... dove insegnano... Brodskij:  Non pensavo... Io non pensavo che ci si arrivasse con l'istruzione Giudice:  E come? Brodskij:  Io penso che...venga da Dio... Questo è uno stralcio di una delle udienze stenografate nell’ambito del processo a Iosif Brodskij. Il poeta russo, che sarà Nobel per la letteratura nel 1987, era finito davanti un giudice accusato di “parassitismo”. Il regime comunista non ammetteva che vi fossero cittadini senza lavoro. In realtà il “lavoro” di Brodskij non è ammesso dai canoni sovietici, la sua poesia è troppo indipendente, come egli stesso dice durante il processo, è qualcosa che

La mia patria è dove l'erba trema. Omaggio al Sindaco Poeta Rocco Scotellaro a 100 anni dalla sua nascita.

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  Rocco Scotellaro, poeta della civiltà contadina   di Antonio Coppola  ( Tratto dal libro:  Semi nel vento, scritti scelti del prof. Antonio Coppola,  a cura di A. Rubino, Moliterno, Valentina Profidio Editore, 2019. ) Rocco Scotellaro nacque a Tricarico (Matera) il 19 aprile 1923 e lì trascorse la sua fanciullezza; di quel periodo scrisse: « Io nacqui ed aprii gli occhi e fissai i ricordi la prima volta che mio padre andava al negozio di cuoiami con i discepoli e i lavoranti, mio nonno mi legava le scarpe e un cane rossastro mi portava addosso, che si chiamava Garibaldi » [1] . Successivamente fu mandato a studiare in collegio a Sicignano degli Alburni (Sa) e, in questo periodo della prima giovinezza, cominciò a riflettere sul rapporto con la natura: « l’aria è bella, va’ tutto bene, solo che l’ombra torna più presto sui piedi: le ultime sere di vacanze, in ottobre, il vino, la vendemmia, l’arare; non c’è davvero altro che conti che sentirsi l’anima in corpo » [2] . Dalla tradizi