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Il Sogno Italiano di Carlo Pisacane

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  Il 22 agosto 1818 nasceva a Napoli Carlo Pisacane. Ancora oggi, il figlio cadetto di Gennaro duca di San Giovanni e di Nicoletta Basile De Luca, è noto sia come rivoluzionario e patriota che come idealista libertario, socialista, proudhoniano. Per alcuni utopista, per altri primo propugnatore dell’egualitarismo. Carlo Pisacane fu realmente una figura eclettica passata alla storia per la spedizione di Sapri, nell’immaginario collettivo sintetizzata nei versi di Luigi Mercantini: eran trecento, eran giovani e forti e sono morti.   La vicenda di Carlo Pisacane non può ridursi alla sua ultima tentata impresa, la sua biografia intreccia la storia d’Italia e d’Europa, ideali, utopie, amore e passione, morte e rivoluzione. All’età di dodici anni entrò nella Scuola Militare di San Giovanni a Carbonara e, dopo due anni, passò nel collegio militare della Nunziatella, frequentato anche dal fratello Filippo che divenne ufficiale del reggimento degli Ussari e rimase fedele al re di Napoli f

Il viaggio al contrario di Giacinto Albini verso la ‘libertà'

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L’illustre intellettuale lucano si formò a Napoli e tornò a Montemurro per contribuire all’unificazione dell’Italia Questa storia ha il suo innesco in un viaggio di ritorno. Un giovane torna nel suo paese natio: un ritorno nell’entroterra lucano per realizzare un sogno. Siamo nell’800, a Napoli. Capitale del regno, una delle capitali europee ricche di opportunità, fascino, fermenti intellettuali e politici. Strade brulicanti di vita: tra lazzari, stranieri, venditori, guappi, letterati e pittori, girano cospiratori, carbonari e giovani intellettuali che vengono dalle province del regno. Sono figli di famiglie benestanti, arrivano a Napoli per studiare, come tutti i giovani hanno dei sogni. Napoli nell’800 quei sogni li culla sul mare, li fa correre per vicoli e scontrare nei bassi, li infiamma nelle piazze e nelle taverne, li educa nelle scuole e nei salotti romantici. Li reprime i sogni, duramente, con la polizia borbonica, con il patibolo o con l’esilio. Siamo nell’800. Un piccolo

Non fu colpa di Ferdinando. Il dibattito parlamentare sulla costruzione delle ferrovie del sud e gli interventi di Petruccelli della Gattina

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  Intervento pubblicato da Basilicata24 il 13\01\2021 Gentile Direttore, il 6 Gennaio scorso è apparso, su Basilicata24.it un articolo, a firma di Pietro De Sarlo, dal titolo  I parlamentari dell’Italia Unita eletti in Basilicata:fatti, risvolti e misfatti.   L’ottima scelta giornalistica delle parole del titolo ha stuzzicato la mia curiosità, ma ha messo in guardia la mia propensione ad analizzare fatti, risvolti e misfatti seguendo la mia indole professionale di archivista (non riesco a definirmi anche uno storico). La lettura di alcuni passaggi dell’articolo ha stuzzicato anche il mio “patriottismo” (in tutti i sensi). È forse quest’ultimo elemento che spinge l’archivista a voler rispondere a quello scritto apparso su Basilicata24. A scanso di equivoci, considerato che in questo momento ricopro la carica di Sindaco del mio paese, Moliterno (Pz), ammetto volentieri che i giudizi contenuti nell’articolo sull’operato di Ferdinando Petrucceli della Gattina hanno rappresentato lo sprone

Mondo Vecchio e Mondo Nuovo: nell'edizione critica di Cecere e Rendina, rivive l'idea progressista di Ferdinando Petruccelli della Gattina

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di Antonio D'Andria  (Docente di Storia Moderna -    Dipartimento Culture Europee  UNIBAS - Matera  ) Il 1848 fu un anno cruciale per l'intera Europa. Le forme e i conflitti dell’associazionismo politico nel corso della “Primavera dei popoli” coinvolsero l'intero continente, con particolare rilevanza al Regno delle Due Sicilie, caratterizzato da forti contrasti interni tra la corrente politica moderata e quella radical-democratica; ancora di più nelle aree interne quali Basilicata e Puglia, con aspri dibattiti manifestati soprattutto in occasione della Dieta Federale del 25 giugno 1848 a Potenza.  Ovviamente, particolare attenzione è stata finora rivolta a tali contrasti e, in seguito, alla messe di processi e di condanne che segnarono la repressione ferdinandea che, tuttavia, non riuscì ad estirpare i fermenti democratici ed unitari nel Mezzogiorno. In maniera inevitabile gli attori del 1848 sono di una generazione diversa da quelli del 1820. Una classe che con la “Primave