Paralipomeni lucani sulla rappresentazione della morte* (II parte)
di Antonella Pellettieri (dirigente di ricerca del CNR) La paura e l’incapacità di comprendere scientificamente le calamità naturali, le epidemie, le pestilenze, le carestie e i dolori delle guerre portò gli artisti a rappresentare la morte con immagini macabre e a far riflettere sull’inutilità del raggiungere potere e ricchezza. Sembra che proprio nella seconda metà del XIII secolo, iniziarono alcune particolari rappresentazioni della morte: ad esempio l’incontro fra i tre scheletri e i vivi viene affrescato nella cripta di Santa Margherita a Melfi ed è datato a cavallo fra il XIII e il XIV secolo. Senza entrare nella vexata questio se sia o meno rappresentato l’imperatore Federico II e due membri della sua famiglia – la moglie Jolanda d’Inghiltera, figlia di Giovanni di Brienne re di Gerusalemme, e il figlio Corrado -, l’affresco è fra le più antiche raffigurazioni con questo tema. Aiutàti dal buio della cripta che non è molto illuminata, gli autori vollero realizzare una sc