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Paralipomeni lucani sulla rappresentazione della morte* (II parte)

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  di  Antonella Pellettieri  (dirigente di ricerca del CNR) La paura e l’incapacità di comprendere scientificamente le calamità naturali, le epidemie, le pestilenze, le carestie e i dolori delle guerre portò gli artisti a rappresentare la morte con immagini macabre e a far riflettere sull’inutilità del raggiungere potere e ricchezza. Sembra che proprio nella seconda metà del XIII secolo, iniziarono alcune particolari rappresentazioni della morte: ad esempio l’incontro fra i tre scheletri e i vivi viene affrescato nella cripta di Santa Margherita a Melfi ed è datato a cavallo fra il XIII e il XIV secolo. Senza entrare nella vexata questio se sia o meno rappresentato l’imperatore Federico II e due membri della sua famiglia – la moglie Jolanda d’Inghiltera, figlia di Giovanni di Brienne re di Gerusalemme,   e il figlio Corrado -, l’affresco è fra le più antiche raffigurazioni con questo tema.   Aiutàti dal buio della cripta che non è molto illuminata, gli autori vollero realizzare una sc

Riflessioni sul coronavirus: cosa scriveranno gli storici? (cosa racconteremo ai nipoti?)

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di Antonio Rubino Questo articolo è probabilmente inutile. Parte da una domanda che di sicuro non ha risposta. Forse per questo, se lo leggi fino alla fine, potrai averne una. Cosa resterà, nella storia, di questa pandemia? C'è chi risponderà: tutto! Ma, la domanda va riformulata: cosa scriveranno gli storici, fra 100 anni, di questo periodo? La domanda è affascinante, peraltro, non ha risposta.   Non si tratta di decidere cosa risponderemo ai nostri nipoti quando ci chiederanno: Nonno come si viveva ai tempi dell'epidemia? cosa facevate chiusi in casa?. Il problema è da riversare su altri due punti: come faremo a testimoniare ciò che racconteremo? Su cosa si baserà chi quella storia dovrà scriverla? Abbiamo visto come in questo periodo insolito e inaspettato di pandemia siano fioriti parallelismi e analogie storiche (senza i crismi della comparazione scientifica) nati dalla spontaneità di ricercare nel passato qualcosa che potesse rasserenare o insegnare al presente (ne abbiam