La mia patria è dove l'erba trema. Omaggio al Sindaco Poeta Rocco Scotellaro a 100 anni dalla sua nascita.
Rocco Scotellaro, poeta della civiltà contadina
di Antonio Coppola
Successivamente fu mandato a studiare
in collegio a Sicignano degli Alburni (Sa) e, in questo periodo della prima
giovinezza, cominciò a riflettere sul rapporto con la natura: «l’aria è bella, va’ tutto bene, solo che
l’ombra torna più presto sui piedi: le ultime sere di vacanze, in ottobre, il
vino, la vendemmia, l’arare; non c’è davvero altro che conti che sentirsi
l’anima in corpo»[2].
Dalla tradizione familiare ereditò la
vocazione per il socialismo e fondò, nel 1944, la sezione del Partito a
Tricarico.
Nel 1946, all’età di appena 23 anni,
fu eletto sindaco di Tricarico e conobbe Carlo Levi al quale rimase legato da
una profonda amicizia. Affrontò la lotta quotidiana nel suo piccolo comune ed
assistette alla caduta dei primi entusiasmi contadini dopo le elezioni del 1948
che diedero la maggioranza assoluta alla D.C. contro il Fronte Popolare. La
delusione fu tanto grande che sentì il bisogno di scrivere una poesia sociale:
«Carte
abbaglianti e pozzanghere nere
hanno
pittato la luna
sui
nostri muri scalcinati!
I
padroni hanno dato da mangiare
quel
giorno si era tutti fratelli,
come
nelle feste dei Santi
abbiamo
avuto il fuoco e la banda.
Ma
è finita, è finita, è finita
quest’altra
torrida festa
siamo
qui soli a gridarci la vita
siamo
noi soli nella tempesta.
E
se ci affoga la morte
nessuno
sarà con noi,
e
col morbo e la cattiva sorte
nessuno
sarà con noi.
I
portoni ce li hanno sbarrati
si
sono spalancati i burroni.
Oggi
ancora a duemila anni
porteremo
gli stessi panni.
Noi
siamo la turba
la
turba dei pezzenti,
quelli
che strappano ai padroni
le
maschere coi denti»[3].
Nel 1950 fu accusato di peculato e
pertanto fu rinchiuso in carcere. Visse una terribile esperienza. La sua
innocenza fu riconosciuta dai giudici ed egli, scarcerato, riprese la lotta per
il riscatto e l’emancipazione della sua gente.
Questa vicenda, tuttavia, lo aveva
segnato ed aveva fiaccato il suo spirito, per cui preferì accettare un incarico
di lavoro presso l’Osservatorio Agrario di Portici.
Da allora le sue visite in Lucania
divennero sempre meno assidue e quando vi tornò lo fece come studioso ed osservatore
della sua gente. Mentre rivolgeva la sua attenzione alla ricerca sociologica
sulla sua gente, morì improvvisamente a Portici il 15 dicembre 1953[4].
L’opera di Rocco Scotellaro (È fatto giorno - L’uva puttanella – Contadini
del Sud – La Vita)[5] ha
suscitato interesse in Italia ed in molti paesi del mondo. Traduzioni delle sue
opere si sono avute in Francia, in Germania, negli Stati Uniti e perfino in
Giappone. Sicuramente la sua morte in giovanissima età, il suo impegno umano,
il mondo da lui rappresentato, la civiltà che prende in esame hanno contribuito
notevolmente a farlo conoscere suscitando grande interesse nei lettori.
La produzione artistica di Rocco
Scotellaro non è scindibile nei suoi testi, ma è un tutto unico: le poesie, i
racconti, i frammenti, gli appunti, tutto si può e si deve ricondurre ad
un’unica chiave di lettura. Il mondo che egli presenta è quello contadino: i
suoi personaggi sono umili, ma protagonisti.
I contadini scoprono se stessi, la
loro famiglia, il paese in cui vivono, lo Stato, attraverso un’esperienza
assolutamente personale. L’opera di Scotellaro esprime con chiarezza il
riferimento a tutta la sua breve esistenza dedicata alla lotta per
l’emancipazione dei contadini, che egli guidò nel Comune di nascita (Tricarico)
nel tentativo di favorirne la crescita economica e sociale attraverso la
conquista delle terre, ma anche dedicata alla scoperta del gaio rapporto con
quegli uomini, con quel mondo, con quel paesaggio, espressione di una realtà
precaria e dolente:
«M’accompagna
lo zirlìo dei grilli
e
il suono del campano al collo
di
un’inquieta capretta.
Il
vento mi fascia
di
sottilissimi nastri d’argento
e
là, nell’ombra delle nubi sperduto,
giace
in frantumi un paesetto lucano.»[6]
Il poeta stesso è parte del mondo
contadino perché in esso è nato, di esso ha acquisito i costumi, la lingua. E
se è vero che egli nasce in una famiglia di artigiani contadini, è pur vero che
cresce in un paese di tutti contadini. Quindi, egli fa sua quella mentalità e,
nel momento in cui prende coscienza delle condizioni delle masse, assume un
impegno morale e di vita: contribuire all’emancipazione della povera gente, dei
contadini, dei cafoni di cui egli fa parte e di cui si sente parte.
Egli lo fa in tutti i modi: pagando
le contravvenzioni dei poveri, dando i pochi spiccioli che ha ai bisognosi,
impegnandosi come sindaco a portare avanti le necessità del Comune, lottando
per istituire un minimo di servizi sociali, capeggiando le lotte contadine per
la conquista delle terre, per la sacrosanta emancipazione dell’uomo.
Così esprime il motivo della rivolta
contadina in quella bellissima lirica definita da Levi “La Marsigliese
contadina”:
«Non
gridatemi più dentro,
non
soffiatemi in cuore
i
vostri fiati caldi, contadini.
Beviamo
insieme una tazza colma di vino!
che
all’ilare tempo della sera
s’acquieti
il nostro vento disperato.
Spuntano
ai pali ancora
le
teste dei briganti e la caverna,
l’oasi
verde della triste speranza,
lindo
conserva un guanciale di pietra.
Ma
nei sentieri non si torna indietro.
Altre
ali fuggiranno
dalle
foglie della cava,
perché
lungo il perire dei tempi
l’alba
è nuova, è nuova»[7].
I suoi contadini cercano in tutti i
modi di migliorare la propria condizione, si interrogano su di essa, scoprono
le caratteristiche della loro vita, conoscono lo stato, fanno sacrifici.
«È
fatto giorno, siamo entrati di poco anche noi
con i panni e le scarpe e le facce che
avevamo.
Le lepri si sono ritirate e i galli cantano,
ritorna
la faccia di mia madre al focolare»[8].
Rocco Scotellaro, quindi, mette in
movimento i problemi del Mezzogiorno, che non sono solo quelli del mondo
contadino del meridione italiano, ma sono i problemi di tutti i poveri ed i
diseredati di ogni paese del mondo, di qualsiasi paese nel quale si sente il bisogno
di un salto di qualità, di un mutamento della civiltà e dei rapporti fra le
diverse classi sociali[9].
Ma non solo. Il poeta di Tricarico
focalizza i problemi che investono le diverse generazioni e specialmente i
giovani che devono prendere coscienza del mondo in cui vivono per poterlo poi
modificare, avviare verso un futuro di migliore giustizia, di maggiore
comprensione, di più sostanziosa solidarietà.
[1]
R Scotellaro, L’uva puttanella, in R.
Scotellaro, Tutte le opere, Milano
2019.
[2]
Ibid.
[3]
Pozzanghera nera il 18 aprile, in R.
Scotellaro, Tutte le opere… op.cit.
[4]
Di seguito alcuni saggi, tra i principali, sulla figura del sindaco-poeta: M.
Alicata, Il meridionalismo non si può fermare a Eboli,
in «Cronache meridionali»,
I, 1954, 9, pp. 585-603; E. Montale, Scotellaro, in «Corriere della sera», 16 Ottobre
1954; C. Muscetta, Rocco Scotellaro e la cultura dell’«uva puttanella»,
in «Società», X 1954, 5,
pp. 913-923; F. Fortini, La poesia di Scotellaro, Roma-Matera 1974;
M. Rossi-Doria, Scotellaro vent’anni dopo, in Il sindaco
poeta di Tricarico, Roma-Matera 1974, pp. 9-31; C.A. Augieri, Provocazioni
su Scotellaro, Lecce 1977; F. Vitelli, Bibliografia critica su
Scotellaro, Matera 1977; M. Dell’Aquila, I Contadini del Sud di
Scotellaro: inchiesta sociologica e mediazione letteraria, in «Otto/Novecento», VI 1982, 6, pp.
221-232; P. Giannantonio, Rocco Scotellaro, Milano 1986; G.B.
Bronzini, L’universo contadino e l’immaginario poetico di Scotellaro,
Bari 1987; R. Mazzarone, Introduzione
a P. Scotellaro, Rocco Scotellaro sindaco, Napoli-Brienza 1999; C.
Muscetta, Rocco Scotellaro e la cultura
dell’uva puttanella, Valverde 2010.
[5]
Alcune delle principali edizioni delle sue opere: È fatto giorno,
prefazione di C. Levi, Milano 1954 (edizione rivista e integrata a cura di F.
Vitelli, Milano 1982); Contadini del Sud, prefazione di M.
Rossi-Doria, Bari 1954; L’uva puttanella, prefazione di C. Levi,
Bari 1955; L’uva puttanella. Contadini del Sud, prefazione di C. Levi, Bari
1964 (nuova edizione, a cura di F. Vitelli, Roma-Bari 1986); Uno si
distrae al bivio, prefazione di C. Levi, Roma-Matera 1974; Margherite
e rosolacci, a cura di F. Vitelli e con prefazione di M. Rossi-Doria,
Milano 1978; Giovani soli, a cura di R. Toneatto, con prefazione di
L. Sacco, Matera 1984; Scuole di Basilicata, Napoli-Brienza 1999.
[6]
Lucania, 1940, in R. Scotellaro, Tutte le opere…op. cit.
[7]
Sempre nuova è l’alba, in R.
Scotellaro, Tutte le opere…op. cit.
[8]
È fatto giorno, Ibid.
[9]
Si ritiene importante segnalare anche la filmografia su Rocco Scotellaro,
principalmente: Rocco e i suoi fratelli, regia
di Luchino Visconti, 1960 e Rocco
Scotellaro, regia di Maurizio Scaparro, 1979.
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