Lo strano caso del caso Moro - Parte 1
di Davide Carrozza - carrozzad@gmail.com
Domenica
sera (7 gennaio 2024 ndr) è andata in onda una puntata di Report sul caso Moro: una serie di
inesattezze e omissioni davvero imbarazzante per una trasmissione del servizio
pubblico. Le paventate incredibili rivelazioni annunciate via social nei giorni
precedenti, in realtà non sono altro che i soliti argomenti già analizzati, le
solite congetture cavalcate dalla Commissione Moro 2, le quali però
inevitabilmente cozzano con le ben 4 sentenze e i lavori di altre due
commissioni. Sarà forse anche per questo che tale commissione non produsse mai
una relazione finale non chiudendo i lavori? Di seguito solo alcune delle
questioni affrontate da Report che necessitano perlomeno di chiarimenti, non
escludo di ritornarci con un altro articolo di aggiornamento…troppa roba!
1) Il presunto covo di Via Massimi. In numerose sentenze, in
particolare nel Moro Quinques si
ricostruisce con dovizia di dettagli, (grazie soprattutto alla testimonianza
dell’Ingegner Altobelli, alias Germano Maccari poi condannato all’ergastolo
come quarto carceriere), la genesi del covo di Via Montalcini, indicato da tutte le sentenze
come unica prigione dell’On. Moro
per tutti i 55 giorni: acquistato dalle BR con i proventi del sequestro Costa,
fu individuato perché possedeva tutte le caratteristiche necessarie e
ristrutturato dallo stesso Altobelli/Maccari per ricavare l’intercapedine e la cella
insonorizzata dove fu rinchiuso Moro per 55 giorni; lo stesso Maccari fu
infatti ingaggiato dalle BR per le sue doti da costruttore ed esperto di
muratura. Dopo la conclusione tragica che conosciamo infatti, fu lo stesso
Maccari a smantellare il tutto insieme a Prospero Gallinari, l’altro
carceriere. Fu la firma di Maccari su un’utenza dell’appartamento ad
incastrarlo e ad indurlo a vuotare il sacco, il racconto venne ritenuto
plausibile dai giudici del Moro Quinques,
perché motivato da una volontà di collaborazione legata alla speranza di una
certa clemenza nell’assegnazione della pena, una volta appurate le sue
responsabilità per sua stessa ammissione. Ovviamente nel corso del sequestro, in virtù della regola della compartimentazione,
nessuno, al di là dei 4 carcerieri, doveva essere a conoscenza dell’ubicazione
della prigione, nemmeno gli alti dirigenti delle BR. Se la prigione fosse stata
davvero quella di Via Massimi, è plausibile pensare che i coinquilini ne
fossero a conoscenza come cerca di sostenere Report?
2) I soliti Servizi
Segreti. Alla
luce della storia recente del nostro paese è impossibile pensare che i servizi
italiani e/o americani siano rimasti completamente fuori dalla vicenda del
rapimento e dell’uccisione dell’Onorevole Moro. Non c’è strage e relativo
depistaggio in cui non compaia una qualche traccia dei sedicenti servizi nel
corso degli anni di piombo (e di tritolo): '69 Strage di Piazza Fontana; ’74
Strage di Piazza della Loggia, e soprattutto la strage della Stazione di
Bologna dell’80 per la quale a giorni comincerà il processo d’appello ai
mandanti e ad un presunto esecutore materiale (altri 4 sono già stati appurati
come tali dai processi precedenti) tutti già condannati in primo grado e tutti
vertici dei servizi segreti e della P2. Le rilevanze processuali, le inchieste,
i lavori delle commissioni e tutte le analisi conducono ad un unica
conclusione: il comandamento numero 1 dei servizi italiani e americani negli
anni 70 è impedire ad ogni costo (e con ogni mezzo) che il partito comunista
andasse al governo. Ovvio. Il PC era il più forte partito di sinistra in
Europa, fosse andato al governo gli equilibri di Yalta, in piena guerra fredda,
sarebbero cambiati non poco. Difficile pensare che i servizi non abbiano fatto
il tifo per l’eliminazione di Moro, il principale esponente del compromesso
storico e della mano tesa della DC al PC. Da qui a pensare a un'eterodirezione, però...
3)
L’ etero-direzione appunto…Molti
negli anni hanno sostenuto che le Brigate Rosse potessero essere etero-dirette
da chicchessia (la cosi detta teoria del grande
vecchio non meglio definito), qualcuno ad un qualche livello superiore che
avesse organizzato e guidato l’eccidio di Via Fani e la gestione dell’ostaggio.
Tutti coloro che a vario titolo e in varie salse hanno sostenuto tesi di questo
tipo (quindi da oggi anche Report) dimostrano di avere scarsa dimestichezza
della materia. Le Brigate Rosse sono state un gruppo armato eversivo della
sinistra extraparlamentare con un’ideologia di stampo marxista-leninista, è
poco plausibile che entità come Nato, Servizi Segreti, Carabinieri, CIA
ecc.. potessero intanto entrare e poi addirittura teleguidare un gruppo
strutturato e non verticistico come le BR, il più longevo di tutto il panorama
della lotta armata proprio per questo motivo. Le BR furono infiltrate, per
quanto è dato sapere, solo una volta,
grazie all’opera geniale del Generale Dalla Chiesa nel ’74, che fece entrare
nel gruppo Silvano Girotto meglio noto come Frate
Mitra, il prete rivoluzionario che partecipò alla rivoluzione in Cile,
operazione che portò all’arresto di due dei fondatori Alberto Franceschini e
Renato Curcio, ma parliamo del ’74 e soprattutto parliamo di Dalla Chiesa!
Inoltre l’operazione Moro per le BR è un momento cruciale della loro storia
criminale alla quale arrivano molto gradualmente, per capire come le BR
cominciarono ad immaginare al rapimento di Moro bisogna tenere a mente l’esito
del rapimento precedente, quello del giudice Sossi, la risoluzione strategica
che scrissero in preparazione dell’operazione Primavera e una serie di
considerazioni logistiche. Cercherò di sintetizzare al massimo quello che
sarebbe un lungo discorso.
Con le Risoluzioni della
Direzione Strategica del ’74 e poi del ’78 (documenti che dubito siano stati
letti dai giornalisti di Report), le BR formulano la famosa teoria dello Stato
Imperialista delle Multinazionali, entità al di sopra degli esecutivi nazionali
degli stati occidentali NATO, che manovra le decisioni e le indirizza sempre a
favore dei poteri forti, soprattutto in economia, affossando sempre di più il
proletariato. Seguendo il ragionamento delle BR, se lo stato è colluso con gli
interessi dello SIM e la DC è il partito di maggioranza relativa che sin dal
dopoguerra è sempre stato il governo, ne consegue che la DC è il nemico numero
1 della rivoluzione. Individuato il nemico su carta, in fase operativa invece
andava individuato il tipo di azione e l’obiettivo, l’unica azione che si
prestava alle esigenze delle BR era un sequestro, questo perché, sempre secondo
lo stesso documento, bisognava sottoporre a processo la DC in una prigione del
popolo, ovviamente individuando un personaggio di spicco rappresentativo.
L’obiettivo dapprima non è Moro. Vengono individuati prima Andreotti e poi
Fanfani come possibili target, ma vengono poi esclusi per motivi prettamente
logistici, entrambi infatti abitano in centro a Roma e si recano
quotidianamente a Montecitorio, impossibile rapirli in pieno centro con strade
strette e sensi vietati. Si passa quindi a Moro analizzando la possibilità di
rapirlo senza spargimento di sangue presso la chiesetta di Santa Chiara in
Piazza dei Giochi Delfici, location poi esclusa in virtù della presenza sul
retro della sagrestia di una scuola, passanti e bambini avrebbero rischiato grosso
in caso di conflitto armato con la scorta. Sembra strano che i killer di Via
Fani pensassero di salvaguardare eventuali vittime innocenti, ma è
perfettamente in linea con l’ideologia brigatista: solo i servitori dello stato
devono cadere per la rivoluzione. Un percorso tutto brigatista quindi, lungo,
graduale e difficilmente penetrabile e manovrabile. Ad una analisi più attenta
mi viene anche da pensare che oltre alla superficialità, è anche il contesto a
giocare un brutto tiro ai giornalisti di Report. I giornalisti di Report che
negli anni si sono dimostrati preparatissimi su temi ambientali, sociali ed
economici, forse non si sentono molto a loro agio ad approfondire le dinamiche
del brigatismo e dell’eversione di sinistra “non vogliamo apparire tifosi dei
brigatisti” chiosa infatti a fine trasmissione Sigfrido Rannucci. Se si pensa
che oggi tutti coloro che provano a ragionare più nel dettaglio sulla guerra in
Ucraina siano stati tacciati di essere filoputiniani, che chi sta condannando
le bombe israeliane su Gaza sia diventato amico di Hamas, in un contesto così
ignorante quindi, le paure della redazione di Report diventano legittime.
Purtroppo però non si può capire uno degli eventi più rilevanti della storia
italiana del dopoguerra, senza conoscere bene l’evoluzione e il percorso del
gruppo che lo ha organizzato. Le Brigate Rosse fortunatamente non esistono più,
quando si studiano quindi si studia la storia. Sarebbe come dire che tutti i
miei studenti siano filo Hitler perché approfondiscono il terzo Reich per
capire le cause della seconda guerra mondiale.
4) Ancora co sta moto? La leggenda della
presenza di una moto Honda di grossa cilindrata in Via Fani il 16 Marzo ’78
aleggia da sempre fra le carte maneggiate da giudici, inquirenti, ricercatori,
storici e tutti coloro che a vario titolo si sono imbattuti in questa vicenda.
Ne fa le spese ahimè anche Report pronta a saltarci in sella, è proprio il caso
di dire. A bordo di questa fantomatica moto in 46 anni è stato fatto salire
chiunque e la qualunque. Gli studi del sociologo Gianremo Armeni, convocato
anche dalla Commissione Moro 2 e confluiti nel volume Questi Fantasmi chiariscono una volta per tutte l’inattendibilità
dei testimoni che ne parlarono e l’impossibilità di un ruolo attivo di una moto
nell’eccidio di Via Fani. Presumo che una copia negli studi di Report non sia
arrivata.
Birgit Kraatz. Fra i buchi
nell’acqua oggetto dei lavori della Moro 2 c’è anche quella della famosa
giornalista tedesca per anni corrispondente della televisione Italiana che nel
’78 abitava in Via Massimi 91, stesso indirizzo della già citata fantomatica
prigione di Moro. La commissione ha attribuito alla Kraatz un ruolo attivo nel
sequestro Moro sostenendo che la mattina del 16 Marzo ’78 Franco Piperno, amico
della Kraatz, si trovasse nel suo appartamento, affacciato alla finestra, per
controllare il buon andamento del sequestro. Sarebbe bastato un semplice
sopralluogo in casa Kraatz per appurare che dalla finestra di casa non vi era
alcuna visuale sui garage da dove sarebbero entrate le macchine brigatiste con
a bordo Moro. La commissione inoltre asserì che alla luce di documenti in suo
possesso, la Kraatz avrebbe fatto parte dell’organizzazione sovversiva tedesca
2 Giugno, notizia a sua volta ereditata dalla precedente commissione Stragi, ma
smentita da una rogatoria della polizia criminale tedesca Bundeskriminalamt che asserì invece che il nome della Kraaz non era
mai stato menzionato da alcun documento della loro struttura e che la donna era
completamente estranea alle vicende dell’organizzazione 2 Giugno. La Kraaz
aveva più volte segnalato la calunnia nei suoi confronti con una lettera ai
presidenti della Camera, del Senato e della Repubblica e più volte i suoi
legali avevano chiesto formalmente di correggere le relazioni della commissione
cancellando il suo nome, senza mai ricevere risposta. E’ inaudito che domenica
sera anche Report abbia fatto di nuovo il nome della Kraaz, pur senza
menzionare il suo coinvolgimento. Perchè allora non fare anche il nome di Mario
Rossi o Pinco Pallino, praticamente la Kraaz è ancora colpevole di aver abitato
in Via Massimi 91 nel ’78.
6) e la trattativa?? Sorvoliamo sulle dichiarazioni che
Signorile rilascia a Report. L’ex vicesegretario del PSI sostiene di aver
incontrato Cossiga la mattina del 9 Maggio, era lì per perorare la causa della
trattativa che in qualche modo il PSI stava esplorando attraverso degli
emissari (Pace e Piperno). Mentre Signorile era lì Cossiga fu avvertito
dell’avvenuto ritrovamento del cadavere di Moro in Via Caetani. A Report
Signorile sostiene che il “cicalino” del Ministro dell’Interno suonò alle 9 del
mattino (mentre per le sentenze la telefonata di Morucci a Tritto che indicava
dove si trovava il cadavere arrivò introno alle 12). Signorile non disse nulla
di questo suo incontro con Cossiga durante il primo processo Moro e non ne fece
cenno durante la sua audizione in commissione Stragi. Davanti alla commissione
Moro 1 invece, ne fece cenno indicando però come orario le 11. Ricordiamo che
Cossiga è morto nel 2013, non c’è nessuno oggi, presente a quell’incontro, che
possa smentire le parole di Signorile. Ma al di là delle discrepanze evidenti
di queste dichiarazioni fornite negli anni, la cosa più sconcertante è che
Report eviti di parlare del vero nocciolo della questione, la trattativa!
Sappiamo che per precisa volontà di Craxi e probabilmente anche per cinico
calcolo politico più che per salvare una vita umana, il PSI tramite Signorile,
a sua volta tramite Pace e Piperno, dialogava con Morucci e Faranda, componenti
di una frangia brigatista contraria all’esecuzione. Cosa si sono detti? Perché
quel canale fu interrotto? Lanfranco Pace disse in Commissione Stragi che
durante il secondo dei due incontri che ebbe con Craxi ebbe l’impressione di un
entusiasmo più contenuto, come se Craxi avesse “già incassato la sua cambiale”
e che “la vicenda fosse chiusa anche per lui”. Craxi, nelle impressioni di
Pace, non era più tanto disposto a collaborare per fare da intermediario con il
governo, come si era dimostrato durante il primo incontro. Perché? Cosa era
successo nel frattempo? Soprattutto…come mai invece questo argomento non sembra
interessare a Report?
7) Gladio? Report si interroga sul perché le BR non
abbiano pubblicato parte delle dichiarazioni di Moro scaturite dall’interrogatorio
durante la sua prigionia, venendo meno alla promessa contenuta nel comunicato
n.5 “tutto verrà reso noto al popolo”. In particolare dice Rannucci “avrebbero
potuto mettersi una medaglia al petto” pubblicando la parte in cui Moro
racconta (i.e. racconterebbe) dell’esistenza di Gladio. In realtà come appunto
si evince dai già citati documenti della Direzione Strategica delle BR, ai
brigatisti non interessava minimamente che esistesse una struttura
para-militare segreta nota come GLADIO che ci difendesse da un eventuale
attacco dall’Est. La domanda a cui Moro risponde riguarda la possibile
esistenza di un’altra cosa, una struttura a livello europeo di antiguerriglia gestita dalla NATO; sul
termine antiguerriglia si creò il
grande fraintendimento su Gladio. Loro intendevano ciò che chiunque non si
identifichi in un guerrigliero rivoluzionario chiamerebbe antiterrorismo, (i brigatisti non si definiscono terroristi ma
guerriglieri) una struttura cioè gestita da viminale e forze dell’ordine messa
in piedi per fronteggiare il terrorismo a livello europeo su iniziativa della
NATO. Moro rispose che pur non esistendo una struttura simile vi erano in piedi
ovvi meccanismi di collaborazione fra paesi, poi dopo proseguì dicendo che la
strategia antiguerriglia sarebbe eventualmente cresciuta “con l’acuirsi del
fenomeno”, dove per fenomeno non si intende ovviamente un’invasione di un
esercito dall’est ma appunto il fenomeno del terrorismo che in quegli anni
imperversava. In definitiva quindi non è a Gladio che Moro fa riferimento nel
memoriale (pur ovviamente conoscendone l’esistenza) le BR quindi non avevano
nulla da diffondere né da nascondere. Per questo ad esempio il ricercatore
Paolo Persichetti si domanda in un suo volume “perchè mai le BR avrebbero corso il rischio di un’azione di fuoco,
dell’entità di quella di Via Fani, per prendere in ostaggio un depositario di
segreti per poi evitare accuratamente di renderli pubblici?” Dopo
l’assassinio del presidente della DC, le BR decideranno di gestire le informazioni
e i fiumi d’inchiostro lasciati in eredità dall’Onorevole Moro pubblicando
gradualmente ciò che era di LORO interesse secondo la LORO narrazione. Mentre
due BR stavano lavorando sul cosi detto opuscolo dell’Operazione Primavera,
nome assegnato a tutta la faccenda Moro, verranno arrestati nell’Ottobre del
’78 dopo l’irruzione nel covo di Via Monte Nevoso a Milano, lasciandosi dietro
tutto il materiale sul quale stavano lavorando compreso quello occultato e poi
ritrovato solo nel 1990, quasi per caso. L’opuscolo verrà poi ultimato,
probabilmente in carcere, presumibilmente ridimensionato nella mole rispetto
alle aspettative iniziali, per la mancata disponibilità della materia prima,
nel frattempo ovviamente sequestrata.
E per concludere: Dopo tutta una trasmissione improntata
sulle teorie dell’eterodirezione Ranucci ci spiega che loro non vogliono
appartenere “a coloro che pensano che le BR siano state dirette da burattinai
esterni”. Che dire! Afferma anche di non voler appartenere “ai tifosi della genuinità
della lotta armata”. Bene, come non essere d’accordo, sembra quasi banale da
sottolineare. Una trasmissione del servizio pubblico dovrebbe però essere anche
tifosa dell’approfondimento, della completezza, del contraddittorio e
soprattutto della verità. Ecco una serie di volumi interessanti sicuramente
ignorati dai giornalisti di report che forniscono chiavi di lettura basate su
ampissima ricerca accademica e studio non frettoloso dettato dalle incombenze
dell’audience televisiva, ma guidato semplicemente dall’amore per la verità:
Clementi: Storia
delle Brigate Rosse, Odradek Edizioni 2007
Gianremo Armeni: Questi
fantasmi, il primo mistero del caso Moro – Tra le Righe Libri 2015
Persichetti: La
polizia della storia,la fabbrica
delle fake news nell’affaire Moro Derive e Approdi, 2022
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