Le due spade di Pietro. Lotta per le investiture, unità della chiesa e sogno teocratico: il papato tra XI e XIV secolo.
Con la bolla Unam Sanctam Ecclesiam del 1302, un grande Papa del medioevo, Bonifacio VIII, realizzava l'ultimo atto dello scontro tra il papato di Roma e l'Impero, tracciando un profilo degli ideali teocratici. Allo stesso tempo, il documento pontificio affermava un principio inderogabile: l'unicità della Chiesa Cattolica. Bonifacio VIII, nato Benedetto Caetani, era un giurista, aveva studiato diritto a Parigi, con l'arguzia del giurista stabiliva l'unicità della Chiesa e che non esiste salvezza fuori da essa:
Dunque la Chiesa sola e unica ha un solo corpo, un solo capo, non due teste come se fosse un mostro, cioè Cristo e Pietro, vicario di Cristo e il successore di Pietro, perché il Signore disse a Pietro: “Pasci le mie pecorelle". “Le mie", Egli disse, parlando in generale e non in particolare di queste o quelle, dal che si capisce, che gliele affidò tutte.
Inoltre, Papa Bonifacio VIII sanciva una chiara supremazia del potere dei Pontefici di Roma, del potere spirituale su quello temporale. Una tesi sostenuta, anche qui, con sofisticata arte da giurista:
La battaglia degli ideali teocratici dei Papi fu persa. Bonifacio VIII finì nell'Inferno di Dante; il Papa, il successore di Pietro, rappresenta ancora oggi l'unicità e l'unità della Chiesa, non dal 1302, ma dalle parole: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa. Ma questa lotta tra i Pontefici e il potere temporale quando inizia e perchè ? Iniziamo il viaggio dall'anno mille...
La riforma gregoriana e la lotta per le investiture
La preoccupazione di liberare la chiesa dalla indebita ingerenza dei grandi potentati secolari, fu il cardine di un movimento di riforma che prende il nome da Papa Gregorio VII (1073-1085). Nella sostanza, il movimento riformista rifiutava e combatteva le investiture laicali, vale a dire la scelta di Vescovi e Abati da parte del Re. Il Papa esigeva il ritorno al diritto ecclesiastico di elezione con lo scopo precipuo di affermare il principio della libertas ecclesiae. Sul fronte opposto Enrico IV (1056-1106), per il quale l'Impero assumeva un posto preciso all'interno della gerarchia ecclesiastica: il vertice. Pertanto, rivendicava il diritto di conferire le dignità ecclesiastiche, in quanto egli stesso si sentiva Re e sacerdos.
A sostenere il movimento Gregoriano vi era la riforma nata nell'ambito monastico di Cluny, la cosiddetta riforma cluniacense che aveva ridestato la volontà di ricerca della dignità della chiesa anche nell'indipendenza, basandola sulla vita spirituale minacciata dalla prepotenza laicale che affermava una preponderanza del fattore politico su quello spirituale anche nelle nomine ecclesiastiche. Il movimento gregoriano affermava che come l'anima domina il corpo, così la chiesa (spirituale) doveva dominare lo stato.
Già Leone IX (1049-1054) aveva lavorato attivamente per affermare l'autorità universale, rinsaldando una idea di riforma che fu colta dal successore Niccolò II che, nel 1059, stabilì che il Papa doveva essere eletto dai cardinali e senza l'influenza del potere laico: una innovazione che risultava intollerabile per i Re e che comprometteva definitivamente i rapporti di interdipendenza tra i due poteri. Più volte venne rivisto il decreto per l'elezione dei pontefici (ma ancora oggi per via del decreto di Niccolò II del 1059 sono i Cardinali ad eleggere il Papa). Nel 1179 il terzo Concilio Lateranense decise che per l'elezione serviva il quorum dei 2\3 del Sacro Collegio, mentre nel 1274 Gregorio X introdusse il sistema del Conclave (trovi la storia della nascita del Conclave cliccando qui.)
Ma, se il sistema di elezione dei papi andò configurandosi in maniera stabile, il tema delle nomine delle altre cariche ecclesiastiche divenne un terreno di scontro molto aspro. Gregorio VII nel 1075 con il Dictatus Papae formulò in modo inequivocabile la tesi del movimento riformistico: il Papa è il capo unico di tutta la Cristianità, a lui spetta la nomina dei Vescovi a lui sono sottoposti Re e Imperatori.
L'ordinamento stesso dell'Impero era basato sul sistema della chiesa imperiale ottonica che prevedeva la nomina dei Vescovi e la loro funzione nel sistema politico dello "stato". Il giovane re Enrico IV non poteva accettare il divieto dell'investitura laicale e, nonostante la minaccia di scomunica, non solo continuò a nominare i vescovi, ma nel sinodo di Worms del 1076 accese lo scontro tra i vescovi tedeschi e il Papa, dichiarando la destituzione di Gregorio VII. Questi rispose colpendo Enrico IV con la scomunica e sciogliendo il giuramento di fedeltà dei suoi sudditi. Lo scontro diventava drammatico.
Porre un re fuori dalla comunione ecclesiastica equivaleva a cancellare la sacralità dell'Impero. Enrico IV si trovò, nel volgere di poco tempo, a rischiare il trono, nell'ottobre del 1076 i principi tedeschi posero un ulimatum al re, se non avesse chiesto al Papa di ritirare la scomunica, avrebbero eletto un nuovo re a distanza di un anno.
Nell'inverno tra il 1076 e il 1077 Enrico con la moglie e il figlioletto si mise in viaggio con un esiguo seguito. Valicò le Alpi nel gelo e tra mille pericoli. Nel frattempo, anche il Papa si era messo in viaggio verso la Germania. Alla fine di gennaio il Papa si fermò a Canossa, presso la marchesa Matilde, proprio mentre giungeva Enrico IV. Il re, con il saio del penitente camminò verso le porte della città posta sul pendio settentrionale dell'Appennino. Attese tre giorni (26 - 28 gennaio 1077) e poi, grazie a Ugo di Cluny (il suo padrino) e alla marchesa Matilde di Canossa, ricevette l'assoluzione di Papa Gregorio.
Il trono era salvo. Tuttavia, il Papa aveva preteso che i principi ribelli tedeschi e il loro Re si piegassero alla volontà del Pontefice. Lo smacco per l'Impero tedesco fu forte. La guida dell'Occidente passava al Papa.
Intanto, i principi in Germania elessero comunque un nuovo re, Rodolfo di Svevia (1080). Enrico IV dovette combattere per riconquistare il trono. La guerra civile insanguinò e sconvolse la Germania. Enrico IV venne nuovamente scomunicato. Questa volta decise di eleggere un antipapa, Clemente III (1084-1100) e mosse alla volta di Roma, questa volta non come penitente. Gregorio VII si rifugiò in Italia meridionale, dai Normanni. Morì a Salerno il 25 maggio 1085. Deceduto da 'fuggiasco', ma vero vincitore della contesa contro l'Impero.
I rapporti fra le due "superpotenze" del Medioevo, la Chiesa e l'Impero, rappresentavano il problema capitale dell'XI secolo e fu con il dibattito intorno a questo problema che si avviò il XII secolo. Quando Pasquale II (1099-1118) ed Enrico V (1106-1125), nel Concordato di Sutri (1111), provarono a trovare una soluzione allo scontro abolendo la feudalizzazione della Chiesa e stabilendo la restituzione al Re di tutti i beni ricevuti dalla chiesa tedesca e la rinuncia del potere imperiale alla nomina dei Vescovi, l'obiezione dei principi e dei vescovi tedeschi fu impetuosa. La possibilità di regolare i rapporti tra Impero e Chiesa come ai tempi primordiali era anacronistica, la ruota della storia non tornò indietro, ma tumultuosamente nel tentativo di scorrere si era inceppata. In realtà, però, la ruota della storia non si ferma mai. Un compromesso tra Impero e Chiesa di Roma era l'unica soluzione. Così, con il Concordato di Worms nel 1122 si decise che l'investitura dei Vescovi sarebbe stata duplice: al re toccava quella temporale con la trasmissione dei beni e dei poteri secolari; al Papa spettava l'investitura spirituale e la chiesa conservava il diritto di elezione. L'investitura temporale non poteva precedere quella spirituale (consegna dell'anello e del pastorale).
Il compromesso non avrebbe eliminato gli attriti tra i due poteri. Nè il sogno di alcuni Pontefici di governare su tutta la Cristianità senza ingerenze, nè la resistenza dei sovrani a voler conservare un controllo anche sulla Chiesa, furono mai sopiti. Il carattere feudale che legava la chiesa imperiale al potere laico non scomparve fino ai tempi di Napoleone.
La concezione di Gregorio VII, al secolo Ildebrando di Soana, che era stato monaco prima di diventare Papa (e Sovrano), non proveniva da egoismi politici, ma da una precisa e profonda visione del mondo autenticamente religiosa: ciò che apparteneva alla sfera spirituale era superiore a ciò che si riferiva alla sfera temporale, da qui la supremazia della Chiesa sullo 'Stato'.
Federico I Barbarossa (1152-1190) non si piegò all'idea di una supremazia della Chiesa o ad un compromesso, scatenando un nuovo scontro con il Papa Alessandro III (1159-1181) che tenacemente tenne testa al Barbarossa. Scomuniche, antipapi e spargimento di sangue accompagnò questa nuova escalation nel conflitto tra Impero e Chiesa.
Innocenzo III (1198-1216) seguì pedissequamente la concezione gregoriana, legando la sua teoria del supremo potere papale a fini squisitamente religiosi. Nonostante questo, dall'interno come dall'esterno della chiesa in molti vedevano il pericolo dell'abuso di potere da parte dei Pontefici.
Da Innocenzo III a Bonifacio VIII
Il culmine del potere temporale della Chiesa si ebbe sotto il pontificato di Innocenzo III. Salito sul trono di Pietro all'età di 37 anni, pochi mesi dopo la morte dell'imperatore Enrico VI che si era impegnato in una riorganizzazione dell'Impero, egli divenne il capo indiscusso della Cristianità occidentale con una posizione primaziale su tutti gli stati europei. Il concetto agostiniano della città di Dio divenne la base del governo pontificio, accreditando la teoria che alla Chiesa spettasse il potere assoluto sul mondo.
Lotario di Segni, nipote di Clemente III (1187-1191) divenne Papa con il nome di Innocenzo in un'epoca segnata da contrasti e tensioni politiche, egli non fu un fanatico religioso teocratico, aveva una vasta dottrina e un interesse spasmodico per i problemi del suo tempo, ebbe a cuore la chiesa e visse da asceta il suo impegno politico come capo della Chiesa e della cristianità. Da questa sorta di tensione morale nasceva il suo preciso senso di responsabilità che lo portava a intervenire nelle cose temporali. Come quando decise di intervenire nella complessa questione della duplice elezione imperiale in Germania (1198). Sentendo il suo ruolo di arbiter mundi, considerando Filippo di Svevia dispotico e il progetto Svevo di unire il regno dell'Italia Meridionale pericoloso e ingiusto, non indugiò a schierarsi contro l'Imperatore, favorendo nella fase successiva l'ascesa di Federico II. L'unione del Regno di Sicilia all'Impero avrebbe trasformato il Vescovo di Roma in uno dei vescovi dell'Impero, subordinandolo al potere tedesco. Innocenzo III non poteva permettere tale annessione proprio nella prospettiva di conservare l'indipendenza del papato.
Ogni atto di Innocenzo III è incardinato alla volontà di confermare e rinsaldare il ruolo della Chiesa universale e del Papa vicario di Cristo. Nel 1209-10 ricevette un povero di Assisi, approvando il suo stile di vita e quello dei suoi fratelli. Il povero di Assisi era San Francesco. Nel 1215, convocò il quarto Concilio Lateranense, con circa 500 Vescovi e 800 abati, un imponente consesso dell'intero Occidente che assunse decisioni riformistiche perpetuatesi negli anni.
La concezione innocenziana della supremazia della Chiesa (spirituale sul temporale) non fu la stessa dei suoi successori. Negli anni seguenti finirono per prevalere i problemi politico-territoriali e le mire di espansione dello Stato Pontificio. Il quadro politico generale era vorticosamente variato. Al vuoto offerto dagli scontri interni all'Impero, si era sostituita la fulgida figura di Federico II, favorito da Innocenzo III e divenuto (in barba ai giuramenti di fedeltà) la principale minaccia per la supremazia del Papato. Addirittura, l'imperatore svevo, nel 1241 marciò verso Roma e Innocenzo IV (1243-1254) per evitare un accerchiamento decise di concedere in feudo l'Italia meridionale a Carlo d'Angiò.
Alla morte di Federico II la tremenda crisi che segnò la successione imperiale, ne affievolì il ruolo, mentre la sconfitta dell'ultimo Svevo Corradino a Tagliacozzo, nel 1267, contro Carlo d'Angiò, metteva fine alla dinastia Sveva e alla potenza imperiale.
La Francia assumeva il ruolo di potenza europea, mentre partiva il processo di nascita dei grandi Stati Nazionali, che basavano su indipendenza e mire di egemonia su altri territori il loro procedere. Dinamiche che toglievano sostegno al Papa costringendolo a cedere la posizione di supremazia.
Il tentativo di Bonifacio VIII (1294-1303) di rivendicare il primato del Papa e il suo ruolo di guida suprema del mondo, appariva ormai anacronistico nel nuovo scenario politico-istitizionale.
Nel 1303, Filippo di Francia rispose a una scomunica per aver rifiutato di obbedire al Papa, facendo arrestare Bonifacio VIII (prigioniero nel castello di Anagni, fu liberato dopo due giorni dai cittadini di quella città) che dopo poche settimane si spense. L'incapacità di difendersi dall'atto violento di Filippo il Bello, mise a nudo l'irrilevanza politica del papato rispetto ai sogni di Bonifacio VIII. Con esso si spense definitivamente la supremazia universale del papato.
I Pontefici che avevano difeso strenuamente la universalità della Chiesa e la sua supremazia, non furono dei perdenti. La loro opera fu determinante per non rendere la cattedra di Pietro simile a qualsiasi Vescovato dell'Impero. Dopo Bonifacio VIII si aprì il periodo dell'influenza politica francese, ne conseguiranno l'esilio Avignonese e altri scontri fortissimi. La Chiesa impegnata a difendere la sua supremazia patirà uno scisma a Oriente (1054) e un terremoto furibondo in Occidente (la riforma protestante del XVI secolo).
Tuttavia, le parole della Unam Sanctam continuano ad avere il loro valore. Lo 'sconfitto' Bonifacio VIII aveva chiarito che tutte le "sue pecorelle" Cristo le aveva affidate a Pietro, dunque è al Papa che è affidata la guida della Chiesa universale.
L'8 maggio 2025 è stato eletto il 267° Papa, il cardinale statunitense Robert Francis Prevost, egli è anche Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ma tutto è cambiato nella storia della Chiesa immanente? Tutto è mutato nel cammino della Chiesa, eppure la sua storia non si è mai interrotta: continua a vivere, raccogliendo dal passato le scintille che accendono il desiderio di unità.
Nell'omelia nella Messa di inizio del Ministero Petrino, Papa Leone XIV ha detto:
Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9). Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.
Antonio Rubino
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