Alle radici degli eserciti moderni. "Il sapere delle armi" un libro per viaggiare nelle accademie e scuole militari tra il '700 e l' '800

Il sapere delle armi, curato da Alessandro Bonvini per Viella, è un volume che compone un quadro unitario e convincente della lenta costruzione, tra Sette e Ottocento, di una vera cultura professionale delle armi nell’Italia preunitaria. La forza del volume sta nella sua capacità di far dialogare tradizioni territoriali differenti — dalle accademie sabaude a quelle borboniche, dalle istituzioni toscane alle esperienze napoleoniche — senza perdere mai l’unità della prospettiva. Ne emerge un’unica grande storia: quella di un mondo militare che, pur partendo da radici aristocratiche e locali, si avvia progressivamente verso forme di sapere strutturato, regolato e scientificamente fondato.


Fin dall’introduzione, Bonvini mette in luce la tensione fondamentale del periodo: un’epoca in cui la formazione degli ufficiali si distanzia dalla semplice trasmissione di valori aristocratici per assumere i contorni di una vera professione, che richiede competenze tecniche, disciplina intellettuale e un rapporto nuovo tra individuo e Stato. La nascita di eserciti "di caserma" (oggi diremmo di professionisti) per i quali la vita di caserma si affermò ovunque quale condizione indispensabile per il servizio in armi.

Il volume segue coerentemente questa metamorfosi. Alcuni contributi insistono sul peso della cultura nobiliare e dell’etica dell’onore, come fa Vittoria Fiorelli, che illumina il mondo interiore e simbolico di famiglie aristocratiche di  militari. Altri mostrano la crescente centralità del sapere tecnico: Paola Bianchi mette a fuoco la formazione nelle scuole di artiglieria e genio, dove  la cultura tecnica e scientifica dell'Europa illuministica trasformava le armi in scienza; Maria Sirago restituisce la complessità delle alterne vicende dell'Accademia di Marina napoletana; Mariamichela Landi si concentra sulle lezioni di Mariano d’Ayala, che anticipano una concezione moderna dell’artiglieria come disciplina teorica, aprendo un grande squarcio tutto Europeo nel Regno delle Due Sicilie, quello delle "armi dotte". La fusione degli insegnamenti tecnico-scientifici e i valori umanistici, sono una essenziale novità in questo panorama magmatico ma profondamente connesso della formazione militare. L'innovazione nell'ambito della formazione militare di questo periodo è collegata a questa fusione dei saperi, nella nuova consapevolezza di una formazione completa e non solo settoriale per i giovani ufficiali, ma anche nella particolare attenzione di un "sistema politico" che si concentra sulla formazione alla carriera militare per le ripercussioni che essa ha sull'immagine interna e internazionale, nonché sul concreto posizionamento geopolitico degli Stati. Accanto alla tecnica, l’identità dell’ufficiale nasce anche dal dialogo tra educazione morale e impegno civile. Qui si collocano le ricostruzioni di Anna Rosa Ricco, che analizza le riforme di Giuseppe Parisi a Napoli, e di Francesco Biasi che analizza il periodo napoleonico della scuola napoletana, due saggi che fanno emergere la dimensione educativa e innovativa profonda della Nunziatella

La stagione napoleonica è affrontata anche da Giacomo Girardi, che mette in luce il ruolo delle scuole militari come officine di un’identità patriottica in formazione. Questo spazio di costruzione civile e istituzionale continua nelle esperienze sabaude studiate da Andrea Bertolino, attento alle dinamiche interne tra allievi e docenti nella Regia Accademia Militare di Torino, e in quelle ricostruite da Emiliano Beri e Pierangelo Gentile, che restituiscono l’ampio spettro delle istituzioni militari piemontesi, dalle accademie navali agli istituti provinciali.

Il volume non trascura i momenti di crisi e di svolta: Emilio Scaramuzza segue gli ufficiali lombardi nelle prove del 1848, mostrando come la formazione teorica fosse messa alla prova nella pratica della guerra rivoluzionaria. Christian Satto illumina infine il panorama toscano del secondo Ottocento, mettendo in evidenza i rapporti complessi tra istituzioni militari, riforme e contesto politico.

A chiudere il volume, il saggio di Bonvini sui fratelli Mezzacapo e la Rivista Militare offre quasi una lente simbolica: è nella nascita di un periodico specializzato che si coglie la maturazione definitiva di una comunità professionale capace di discutere, codificare e trasmettere conoscenze condivise. È come se l’intero percorso descritto nei saggi trovasse qui il suo punto di arrivo: la consapevolezza che il sapere delle armi non è solo una pratica o un’educazione, ma una forma di pensiero collettivo.

Nel suo insieme, Il sapere delle armi è un’opera compatta e interessante, in cui la varietà dei contributi non frammenta, ma arricchisce. Unico nel suo genere nell'analizzare un aspetto che la cronaca contemporanea rende particolarmente attuale, senza forzare la storia entro i limiti stretti di questa cronaca. L’impressione finale è quella di un universo sfaccettato che si compone progressivamente fino a rivelare un’unica immagine coerente: la nascita dell’ufficiale moderno. Un libro prezioso, non solo per gli studiosi di storia militare, ma per chiunque voglia capire come si siano formate le élite tecniche e istituzionali dell’Italia contemporanea.

                                                                                                                                          Antonio Rubino


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