L'idolo immondo dello Stato Sovrano e gli Stati Uniti d'Europa. Recuperare il pensiero di Einaudi.
Nel 1897 sull'Europa soffiano venti di guerra. Nell'isola di Creta, provincia dell'Impero Ottomano ma abitata da greci, scoppia una rivolta per riportare l'isola nella madre patria ellenica. La Grecia invia una spedizione armata verso l'isola. Le sei potenze europee: Francia, Germania, Gran Bretagna, Austria, Russia e Italia decidono di inviare le loro flotte nelle acque di Creta, per intervenire direttamente sul teatro di guerra ed evitare che un singolo Stato potesse scatenare un conflitto nel cuore dell'Europa. Candia, la principale città cretese presa dai Greci fu colpita dal fuoco delle potenze europee.
Quando le sei grandi potenze europee inviarono le loro flotte nelle acque di Creta e
le navi del concerto bombardarono il campo candioto per impedire le ostilità ogni giorno
rinascenti, un grido di indignazione e di orrore si innalzò dal petto di tutti i filelleni europei
A scrivere queste parole è un giovane Luigi Einaudi, futuro Presidente della Repubblica Italiana, in un articolo sul quotidiano La Stampa dedicato alla figura del giornalista britannico W.T. Stead, dal titolo Un sacerdote della stampa e gli Stati Uniti d'Europa ("La Stampa" 20 agosto 1897):
solo lo Stead osò, lui liberale, affermare che quello era uno dei giorni più belli
della storia contemporanea; perché segnava la nascita degli Stati Uniti d’Europa.
Per la prima volta in Italia si parla di Stati Uniti d'Europa. Ciò che appariva un atto ostile alla Grecia e favorevole al non amato impero turco, era in realtà, secondo Einaudi l'embrione di una nuova "Europa Politica" capace di garantire, al contrario, la pace:
Ed ora, dopo tanti secoli di lotta, il diritto di guerra appartenente prima ad innumerevoli
potentati, e centinaia e centinaia di piccoli principotti, si è ristretto nell’Europa a Guglielmo
II, Nicolò II, Francesco Giuseppe, Umberto I, Vittoria ed il presidente Faure.(...) I re di
tutti gli stati hanno un diritto nominale di guerreggiare; nella realtà essi poi non lo possono
esercitare eccetto in alleanza con una delle grandi potenze. La Grecia credette possibile
esercitare questa prerogativa nominale delle sovranità indipendenti. La sua esperienza non
è tale da incoraggiare gli altri piccoli stati a seguirne l’esempio.
Quello che può apparire cinismo o una semplicistica conclusione, è in realtà una intuizione profetica sulla necessità di far nascere gli Stati Uniti d'Europa :
...a poco a
poco ad un punto in cui la maggioranza potrà imporsi alla minoranza, e questa ne accetterà
i deliberati senza ricorrere all’ultima ratio della guerra. In tal modo avvengono le grandi e
durevoli creazioni storiche, non secondo i piani prestabiliti dai pensatori, ma per l’attrito
fecondo delle opposte forze.
Allora gli Stati Uniti europei, adesso avvolti in un’incerta nebbia, avranno acquistato
una forma precisa; e la nascita della federazione europea non sarà meno gloriosa solo
perché sarà nata dal timore e dalla sfiducia reciproca e non invece dall’amore fraterno e da
ideali umanitari.
Questo testo di Einaudi del 1897, che anticipa Ventotene, assume un certo valore nel dibattitto europeo e italiano di questi mesi, forse con una forza anche maggiore del più esplicito scritto del 1945 (Il Mito dello Stato Sovrano in <<Il Risorgimento>>, 1945), nel quale l'economista afferma:
Il concetto dello Stato Sovrano, dello Stato che, entro i suoi limiti territoriali, può fare leggi, senza badare a quel che accade fuor di quei limiti, è oggi anacronistico ed è falso. Quel concetto è un idolo della mente giuridica formale e non corrisponde ad alcuna realtà.
Le riflessioni di Einaudi sono eminentemente politiche ed economiche. La lucidità dell'analisi sul lungo periodo inviterebbe, oggi, a un ragionamento che quanto meno potrebbe migliorare il lessico della politica attuale, avvitato su contraddizioni paurose sui temi del sovranismo, del protezionismo, del nazionalismo.
Se l'attacco greco all'isola di Creta (un piccolo regno che aggrediva il potente Impero Ottomano, con scarse possibilità di avere successo, difatti la Grecia soccomberà in poco più di un mese), mosse le potenze europee ad agire all'unisono e apriva la riflessione sulla necessità di una unione europea (in pochi menti illuminate come Einaudi); oggi, l'invasione russa dell'Ucraina e la guerra commerciale degli Stati Uniti di Trump dovrebbero imporre la creazione degli Stati Uniti d'Europa. Questo se la storia fosse davvero maestra di vita. L'Italia ha addirittura aperto un dibattito focoso sul Manifesto di Ventotene, dividendo come consuetudine le "tifoserie" tra coloro che si stracciano le vesti alle critiche mosse dalle Presidente del Consiglio, e coloro che difendono un principio senza capire il nuovo scenario in cui attuarlo. Nella incapacità di pensare all'Italia sullo scenario internazionale si rivela l'inconsistenza del dibattito politico italiano, scoprendo il nostro Paese come il più fragile in campo europeo rispetto ai temi della difesa comune UE e della revisione dell'Alleanza Atlantica. Eppure, è la patria di Einaudi.
Mentre il contesto che partoriva gli scritti di Einaudi, ancor più quello che diede vita al Manifesto di Ventotene, sono lontani, bisogna riconoscere che quelle visioni essenziali furono determinanti nella costruzione di uno spazio europeo che, pure con le sue contraddizioni, ha garantito l'esistenza di uno spazio di benessere e di condivisione dei valori democratici-liberali.
Oggi in una Europa in crisi demografica, tra i focolai di guerra che tornano a minacciare direttamente il vecchio Continente, la lezione di Einaudi appare una voce dal passato che, contrariamente alla banalità che spesso si associa alle lezioni della storia, può essere viva. E' l'uso che si fa del passato che può influenzare il presente, così la Storia può diventare maestra, per far si che lo diventi in senso positivo c'è bisogno di uno sforzo di analisi, quello che caratterizzò Einaudi nel 1897 e nel 1945 nel riconoscere l'idolo immondo dello Stato Sovrano.
Gli Stati Uniti d'Europa sono secondo Einaudi l'antidoto alle guerre, la "sovranità" (oggi così decantata) è in realtà la radice del male che accende egoismi e scontri. Il futuro presidente scrive prima in una Europa accesa dai nazionalismi, poi in un Continente in macerie distrutto dalla Seconda Guerra Mondiale, nel 1897 come nel 1945 (e in tante altre occasioni) tratteggia con precisione gli elementi essenziali degli Stati Uniti d'Europa: esercito comune e confini doganali unici. Ogni Stato rinuncia a un pezzo di sovranità (non a tutti i poteri) delegandoli alla Federazione che da sola deve disporre delle forze armate. Appare chiaro come l'Europa di oggi sarebbe agli occhi di Einaudi, alla luce di queste poche parole, un surrogato.
Il terremoto di Donald Trump ha scosso l'Europa in modo ancora più deciso rispetto alla sua precedente elezione, non fosse altro perchè nel cuore dell'Europa è in corso una guerra rispetto alla quale l'Europa sta provando a tenere una posizione comune. La nuova sovranità europea è una sfida per l'intero occidente, per le democrazie liberali. Una sfida che si gioca su società aperte, sui diritti, ma anche sul teatro di guerra Ucraino, come nella politica dei singoli stati dove sulla brace del populismo e del sovranismo soffia il mantice della Russia e della Cina, intenzionate a non avere Stati Uniti d'Europa con cui trattare.
L'idolo immondo dello Stato Sovrano si aggira per l'Europa. Tra "democrazie illiberali" e nuovi populismi-sovranismi, la fragilità del nostro sistema politico farebbe bene a recuperare il pensiero di Einaudi.
Antonio Rubino
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