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23 Marzo 1944, Roma, Via Rasella: una storia di resistenza italiana

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Roma, 23 marzo 1944. Un ventiduenne pedala su un carretto per la raccolta dei rifiuti. Non è un netturbino, è uno studente di medicina, si chiama Rosario Bentivegna. Nei pressi di via Rasella, nel centro di Roma, vi è un giovane fisico, Giulio Contini. Insieme alla moglie Giulia ha confezionato l’oggetto che Bentivegna sta trasportando nel carretto. Via Rasella è una strada in leggera salita, stretta. Al suo imbocco c’è un altro giovane che indossa un berretto, si chiama Franco Calamandrei, è il figlio di Piero Calamandrei. All’angolo di via del Tritone c’è invece una ragazza di nobili origini, è Carla Capponi, ha un impermeabile da uomo in mano. Lei è la fidanzata del ragazzo sul carretto della spazzatura, Rosario, l’impermeabile servirà a coprire la sua divisa da spazzino. Lo sta aspettando. Rosario è fermo in via Rasella, con una pipa accesa, e ha un compito da eseguire. Tutti questi giovani sono componenti di un GAP, gruppo di azione patriottica. Sono partigiani del Partito Comunis

Il Beato Domenico Lentini, santo della ‘quotidianità straordinaria’

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  Domenico Lentini discepolo fedele, Zelante sacerdote ed umile profeta, rivela ancora al mondo l’altissimo valore di chi in Dio confida e a Lui si abbandona. Così, canta il popolo fedele lauriota, usando anche alcune invocazioni attribuite allo stesso Beato, e inneggia al suo santo Patrono, il Beato Domenico Lentini che in un altro canto viene invocato come “gloria di Lauria”. Intimamente legato al popolo, perché amava i poverelli con fede ardente e amor, chiamandoli fratelli e figli del suo cor e che   …quanti padri e figli ei fe pacificare, e quanti cuori afflitti ei seppe consolare . L’essenza del ricordo di questo santo sacerdote, vissuto tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, si concentra in queste parole dei canti popolari conosciuti a Lauria e nel circondario Il ricordo della sua vita, degli   innumerevoli carismi di cui era dotato, dei tanti episodi ricchi di pietà e carità, dei tanti miracoli attribuiti alla sua intercessione, tramandati di bocca in bocca, sono a

Le strade dei briganti e il canestrato di Moliterno

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  Storia del tempo dei briganti in Basilicata per difendere sulle vie del formaggio, il già noto Canestrato di Moliterno Basilicata, gennaio 1862. I monti sono innevati e la coltre bianca lambisce i tetti dei paesi più in alto. Le vallate sono gelide, i boschi inaccessibili. Le strade, le mulattiere, le campagne, infestate dai briganti. Il freddo stringe in una morsa i paesi che tuttavia brulicano di vita, tra speranze di nuove ere, vecchi retaggi e ataviche differenze di classe, la gente di Lucania non è arresa, si muove. Si muove anche verso l’altra sponda dell’Oceano, dove si crea una comunità enorme, che sarà più numerosa di quella che resterà tra il Tirreno e lo Jonio. Ma i lucani non sono vinti, reagiscono ai tempi, li vivono. Come è stato per l’Unità d’Italia. La prima scintilla fu l’insurrezione lucana del 18 agosto 1860, prima di Garibaldi la Basilicata urlò “Viva l’Italia e Vittorio Emanuele”.   Si è da poco festeggiato l’arrivo del nuovo anno, il primo dopo l’Unità d’Ita

Paralipomeni lucani sulla rappresentazione della morte* (II parte)

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  di  Antonella Pellettieri  (dirigente di ricerca del CNR) La paura e l’incapacità di comprendere scientificamente le calamità naturali, le epidemie, le pestilenze, le carestie e i dolori delle guerre portò gli artisti a rappresentare la morte con immagini macabre e a far riflettere sull’inutilità del raggiungere potere e ricchezza. Sembra che proprio nella seconda metà del XIII secolo, iniziarono alcune particolari rappresentazioni della morte: ad esempio l’incontro fra i tre scheletri e i vivi viene affrescato nella cripta di Santa Margherita a Melfi ed è datato a cavallo fra il XIII e il XIV secolo. Senza entrare nella vexata questio se sia o meno rappresentato l’imperatore Federico II e due membri della sua famiglia – la moglie Jolanda d’Inghiltera, figlia di Giovanni di Brienne re di Gerusalemme,   e il figlio Corrado -, l’affresco è fra le più antiche raffigurazioni con questo tema.   Aiutàti dal buio della cripta che non è molto illuminata, gli autori vollero realizzare una sc

La mia patria è dove l'erba trema. Omaggio al Sindaco Poeta Rocco Scotellaro a 100 anni dalla sua nascita.

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  Rocco Scotellaro, poeta della civiltà contadina   di Antonio Coppola  ( Tratto dal libro:  Semi nel vento, scritti scelti del prof. Antonio Coppola,  a cura di A. Rubino, Moliterno, Valentina Profidio Editore, 2019. ) Rocco Scotellaro nacque a Tricarico (Matera) il 19 aprile 1923 e lì trascorse la sua fanciullezza; di quel periodo scrisse: « Io nacqui ed aprii gli occhi e fissai i ricordi la prima volta che mio padre andava al negozio di cuoiami con i discepoli e i lavoranti, mio nonno mi legava le scarpe e un cane rossastro mi portava addosso, che si chiamava Garibaldi » [1] . Successivamente fu mandato a studiare in collegio a Sicignano degli Alburni (Sa) e, in questo periodo della prima giovinezza, cominciò a riflettere sul rapporto con la natura: « l’aria è bella, va’ tutto bene, solo che l’ombra torna più presto sui piedi: le ultime sere di vacanze, in ottobre, il vino, la vendemmia, l’arare; non c’è davvero altro che conti che sentirsi l’anima in corpo » [2] . Dalla tradizi