L’ultimo lavoro di Carmine Pinto, ‘Il Brigante e il generale’ è un saggio scientificamente e storicamente impressionante

 

L’ultimo libro di Carmine Pinto, “Il Brigante e il Generale – La guerra di Carmine Crocco e Emilio Pallavicini di Priola” (Editori Laterza, € 19,00) è un’opera importante per la storia del Mezzogiorno d’Italia. Un libro che si legge con molto piacere grazie alla capacità di scrittura dell’autore, per l’inclinazione a vivacizzare il racconto senza romanzare. Carmine Pinto, ordinario di Storia Contemporanea all’Università di Salerno, consegna al lettore tutto il piacere della storia, il divertimento della conoscenza dei fatti storici (si il divertimento!) senza sfociare nel ‘sensazionale’, nell’annuncio di verità “mai raccontate”, nel romanzo o l’instant book utile ad arruolare seguaci. Ed è importante questa premessa, perché l’argomento del libro è di quelli che si è prestato maggiormente a certe degenerazioni. L’autore però non le sfiora, nel concentrato di episodi che il libro racconta, non c’è spazio per forzature, per piegare la storia a vantaggio di un punto di vista. Bensì, tutti i punti di vista sono tenuti insieme, perché aprendo il libro si apre un sipario e in scena c’è la Storia, quella raccontata dai documenti, dal confronto delle fonti. L’autore la mette sul palcoscenico con il merito di raccontarla con l’estro del divulgatore e la responsabilità dello storico, lasciando lo spazio al lettore di concepire la sua idea fondata sugli accadimenti. Pinto è uno storico di professione che pone sul piatto la storia così come è, così come il ‘metodo storico’ la estrapola dai documenti e la consegna al lettore. Il Brigante e il Generale è un saggio scientificamente impressionante per la quantità di documenti d’archivio (editi e inediti) su cui si basa, ma è anche un riferimento importante nella saggistica storica per lo stile e la capacità di narrazione.



In 272 pagine si condensano biografie, ricostruzioni di eventi, descrizioni di luoghi sui quali l’autore si è recato. Lungo questo itinerario si incontrano i due personaggi di Crocco e Pallavicini. Un viaggio che tiene insieme la cronologia dei fatti del processo unitario e i tanti singoli accadimenti della sfida tra il brigantaggio filo-borbonico, antesignano delle forme di guerriglia del XX secolo, e i reparti coordinati da Pallavicini di Priola, con la Guardia Nazionale formata da volontari reclutati in quegli stessi paesi del Meridione che si schierarono dalla parte dell’Italia unita. Il racconto è affascinante e ha il pregio di scendere nel dettaglio senza perdere un’orchestrazione generale che compone uno straordinario quadro di insieme: la guerra per il Mezzogiorno all’indomani dell’Unità d’Italia. Una vera e propria guerra civile che tra il 1860 e il 1870 ha segnato la storia d’Italia. Nel quadro di questo decennio il tema tanto dibattuto del brigantaggio trova la sua dimensione storica: una delle espressioni del conflitto combattuto nel Mezzogiorno, una forma tipica di violenza, diffusa in tutte le società rurali, dall’antichità fino al XX secolo inoltrato. Il banditismo del Mezzogiorno ne era solo una versione, per quanto pluri-secolare. Un attore sociale e criminale, capace di adottare bandiere politiche nelle grandi fratture del regno e di giocare un ruolo nelle lotte tra aristocratici, clero, fazioni e gruppi territoriali di Antico Regime. Il brigantaggio fu utilizzato dalla controrivoluzione borbonica durante le guerre della rivoluzione e dell’impero. Innanzitutto fu affiancato all’esercito controrivoluzionario del cardinale Ruffo nel 1799, poi utilizzato come forza irregolare nel Decennio francese. E così nel 1860, quando guerra e rivoluzione travolsero ancora una volta il regno, fu richiamato in servizio. I Borbone, contrastati da larga parte delle classi colte, del ceto medio e del notabilato locale del Mezzogiorno, lo promossero per animare una resistenza armata al nuovo stato italiano. Il brigantaggio pertanto fu una delle espressioni politiche, sociali e criminali della crisi dell’unificazione nel Mezzogiorno, condizionato da eredità e tradizioni di lungo periodo.

A sfruttare le opportunità del momento con la grande ambizione di ascesa sociale è Carmine Crocco. Proveniente dalle classi misere della società meridionale, diviene il generale dei Briganti. Un bandito, in grado di mettere su un vero e proprio cartello criminale gestito con astuzia e una certa “lungimiranza criminale”. Il profilo biografico di Crocco si impone, si nasconde e riemerge nelle pagine del libro, fino all’epilogo della sua morte in carcere dove era divenuto una sorta di influencer ante litteram. Il contraltare è Pallavicini di Priola, ufficiale simbolo degli eserciti di caserma (“professionisti della guerra”) che si affermano sulla scena Europea e che, divenuto celebre nei primi anni dello Stato unitario per aver fermato Garibaldi ad Aspromonte, vincerà la guerra per il Mezzogiorno comprendendo che si trattava di una guerra sporca, da combattere con strategie nuove per fronteggiare le bande criminali, che era una guerra senza gloria e senza leggi, prevedeva eccidi, brutalità e violenze che non si nascondevano dietro il paravento degli scontri tra gentiluomini.

Crocco è l’erede di un mondo antico che si dissolve con evidenti resistenze, con forte disagio e tante delusioni anche legate alle promesse del nuovo cambiamento dell’Italia unita. Pallavicini simbolo di un mondo che si trasforma, che approda a una dimensione europea che dimentica l’antico regime.

I due personaggi sono due opposti. Nella distanza tra questi due poli si concentra il racconto della guerra che riannoda le due vicende biografiche. I massacri di Crocco e Ninco Nanco, i sequestri di persona operati dai briganti come Angelo Antonio Masini (raramente una organizzazione criminale ha messo a segno un numero così elevato di rapimenti a scopo di riscatto); gli arresti preventivi dell’esercito del Regno d’Italia, le ‘tecniche investigative non convenzionali’, le esecuzioni comandate per scoraggiare chi pensava di unirsi ai briganti. Pinto racconta i fatti di uno scontro senza sconti che contrappone gli unitari ai borbonici e che sta alla base della nascita dello Stato Unitario.

La penna brillante del maggiore storico del brigantaggio e del processo unitario italiano non ha il cruccio di difendere una tesi o di smontarne altre. Così nell’evolversi delle vicende non emergono spazi per romantiche e mitizzate figure di briganti visti come rivoluzionari, novelli Robin Hood sempre pronti a difendere i deboli. Il mito si scontra con le uccisioni a sangue freddo, con lo scempio di cadaveri, con gli stupri di massa. Materia viva di una storia complicata, dolorosa, che vide Pallavicini deciso a sporcarsi le mani senza scrupoli in uno scontro che non lasciò fama e gloria, bensì la volontà di un oblio. Un silenzio voluto per le troppe applicazioni della legge marziale, perché a uccidersi erano i nuovi sudditi di Vittorio Emanuele II, consumando brutali vendette e fronteggiandosi con vecchi registi più o meno occulti e attori sul campo pronti a sacrificare la vita per ambizioni, ideali e nuovi ordini sociali e politici.

Il racconto è anche un viaggio nella Lucania ottocentesca, durante il quale emergono figure di grande statura sul panorama politico nazionale: Albini, Lacava, Senise, Racioppi, Nitti, Lovito (ecc.), figure che conservano una dimensione importante sul piano storico. Forse, questo aspetto è troppe volte dimenticato, sfumato da celebrazioni e rievocazioni che cedono al fascino del bandito e non prendono in considerazione la grandezza dell’apporto lucano all’Unità d’Italia. Una storia rispetto alla quale negli ultimi anni è prevalsa l’ansia di una narrazione che risponde a bisogni della nostra epoca, ma che se viene riconsegnata al contesto storico ottocentesco assume un valore fondamentale: la tradizione e la storia liberale lucana sono parte importante ed affascinante della storia italiana, espressione imponente di una identità da non sbiadire.

Il Brigante e il Generale è un libro da leggere per avere uno strumento in più utile a interpretare il Mezzogiorno, senza vittimismi e provincialismo.

Antonio Rubino

Articolo pubblicato su IVL24:  https://ivl24.it/lultimo-lavoro-di-carmine-pinto-il-brigante-e-il-generale-e-un-saggio-scientificamente-e-storicamente-impressionante/

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