Il Documento archivistico in ambiente digitale

 di Antonio Rubino

La nozione di documento archivistico (vedi questo articolo qui su Minuti di Storia) può sicuramente "contenere" anche i documenti digitali. Tuttavia, nell'ambiente digitale i documenti archivistici non sono immediatamente distinguibili con la medesima facilità che si potrà avere in un archivio composto da documenti che oggi definiamo analogici. Un documento archivistico che fisicamente si trova in un archivio (inteso anche come luogo fisico), in un fascicolo, in una aggregazione archivistica, è individuabile, ma quando ci troviamo dinanzi ad oggetti digitali non è altrettanto facile distinguere quali tra questi possano essere documenti archivistici. 

Nei documenti analogici il supporto è rilevante in quanto parte fisica del documento, legata alla sua forma e anche all'espressione del suo significato (nel passato era fondamentale il suo contributo al significato stesso del documento); in ambiente digitale il supporto è necessario all'esistenza del documento ma non contribuisce per nulla al suo significato e neanche alla sua forma. L'elemento rilevante ai fini della riproduzione necessaria alla lettura del documento e, dunque, alla trasmissione del suo contenuto, non dipenderà dal fatto che esso è salvato in un hard disk o su un nastro magnetico. Ciò che interessa la forma del documento digitale non è il supporto come nel documento analogico, bensì un flusso di bit che ne organizza la struttura ai fini della riproduzione. I bitstream necessari a riprodurre il documento digitale sono le componenti digitali in cui si sostanziano le possibilità di lettura e conservazione del documento archivistico digitale, totalmente differenti da quelle del documento analogico [1].

Le componenti digitali del documento sono gli elementi che ne permettono la riproduzione, dunque un sistema che conserva documenti digitali deve essere dotato del software capace di riprodurre il documento in base alle sue componenti digitali. La conservazione in ambiente digitale è la preservazione della capacità di riprodurre il documento [2].

Una componente digitale può contenere un documento intero o parte di un documento o molti documenti con i relativi metadati (cioè dati informativi sul documento che permettono di identificarlo e gestirlo) [3].

Secondo il progetto InterPARES la relazione tra un documento digitale e un file può essere di uno a uno, di uno a molti, di molti a uno o di molti a molti: un file PDF (unica componente digitale) può contenere una relazione, i suoi allegati, elaborati grafici, ecc; una mail con un testo, una foto e una firma digitale sarà composta da almeno quattro componenti digitali. Le varianti sono tantissime, si moltiplicano e si adeguano al variare dei formati dei file e delle possibilità offerte dall'ambiente tecnologico in cui si opera. Ma, al di la del contesto tecnologico, si può affermare che in ambiente digitale "documento archivistico" e "file" non sono sinonimi [4].  

Tutto ciò determina che gli attributi nei documenti archivistici digitali debbano essere espliciti, li dove per attributi consideriamo le proprietà che consentono di identificare un determinato documento o un suo elemento. Nel documento analogico spesso gli attributi sono elementi di forma (persone, datazioni, atto, vincolo e codice di classificazione) ma non necessariamente devono essere visibili. Nel documento archivistico digitale tutti gli attributi devono essere chiari per poterlo individuare, essi non essendo presenti sul supporto o nella forma sono esplicitati nei metadati. 

Il documento analogico è connesso al suo supporto, ha forma fissa e contenuto stabile. Invece, nel mondo digitale è possibile produrre un oggetto che, in apparenza, è un documento, ma non è memorizzato in modo permanente su un supporto indentificato. [5]

Un documento digitale viene "archiviato" (conservato - immagazzinato) come un flusso di bit o più flussi di bit e verrà riprodotto su un monitor: allorquando una persona o un sistema interverrà per richiederlo, un computer, elaborando il flusso di bit, lo renderà visibile e "utilizzabile". Da questo punto di vista consegue una caratteristica che distingue concretamente il documento archivistico digitale da quello analogico: il primo sarà conservato in una forma che è differente da quella in cui viene visualizzato o usato [6]. La differenza tra la forma in cui un documento digitale si manifesta all'utente e quella con cui esso è digitalmente conservato è fondamentale. Infatti, solo riconoscendo tale differenza si può percepire la necessità di descrivere con precisione i dati che riguardano le modalità di conservazione digitale del documento, al fine di garantire la sua stessa esistenza nei vari passaggi di modalità di memorizzazione su supporto digitale. Gli attributi, se identificati, non  devono variare al cambiamento di modo di memorizzazione sul supporto digitale. Vale tanto per il supporto: un documento in PDF deve conservare la sua identità se viene trasferito da un hard disk a un dispositivo mobile; quanto per il formato: risulta vitale per il documento digitale garantire l'esistenza della medesima "forma" e della sua identità quando passa da un word a un html. 

Per esempio, un documento che ha l'apparenza di una narrazione testuale può essere codificato in caratteri, come in un formato di word processing, o come un'immagine, ma nè il valore numerico dei byte che corrispondo ai caratteri stampabili nè i bit che sono proiettati come pixel in un'immagine hanno la stessa forma estrinseca del documento restituito ai fini della visualizzazione. [7]

Altra differenza sostanziale è quella che esiste tra il contenuto del documento codificato digitalmente e quello del documento predisposto per la visualizzazione. Il documento visualizzato deve comunicare una informazione che è predisposta dal suo autore, dunque gli elementi del contenuto finalizzati a tale comunicazioni devono essere visibili. Tuttavia, diversi elementi del contenuto delle componenti digitali non sono visibili a chi legge il documento, essi sono necessari a riprodurre il documento, ma non per questo possiamo affermare che essi siano parte del documento stesso. Il documento digitale è dunque composto da molti più elementi e componenti di quelle che vengono visualizzate, la gestione del documento deve tenerne conto per garantirne la conservazione. 

Appare evidente come in un contesto (sistema) digitale sia necessario, ma nello stesso tempo difficile, identificare il documento tra gli oggetti digitali e determinarne l'esistenza su un supporto con una forma persistente e un contenuto stabile al variare dei sistemi in cui si opera. La soluzione appare scontata: tra i documenti digitali, quelli che hanno natura archivistica saranno individuabili in base al vincolo archivistico. Ma, come evidenziato in apertura, riconoscere il documento archivistico analogico è operazione che si può svolgere identificando il documento in un contesto materiale che ne evidenzia la sua appartenenza a un archivio. A differenza che nei documenti analogici, nei documenti digitali il vincolo archivistico deve essere reso esplicito attraverso un codice di classificazione ma, soprattutto, attraverso altri metadati che rendano chiara la relazione tra il documento in questione ed altri che partecipano ad una medesima attività o funzione, del soggetto che è giuridicamente responsabile dello spazio digitale che contiene i documenti [8].

Dopo tale disanima, si può comunque affermare che le componenti essenziali dal punto di vista archivistico del documento digitale, sono le medesime "richieste" al documento analogico. Nonostante ciò, solo in conclusione di questa analisi (che non ha nessuna pretesa di esaustività ma solo volontà di garantire un primo approccio) è possibile proporre la definizione contenuta nelle Linee Guida sulla gestione dei documenti elettronici dell'International Council of Archives: 

i documenti archivistici sono informazioni redatte o ricevute nell'avviare, condurre o completare un'attività istituzionale o individuale, e che includono contenuto, contesto e struttura sufficienti a fornire prova di tale attività. [9]

[1] L. Duranti, K. Thibodeau, The concept of Record in Intercative, Experiential and Dynamic Environments: The view of interPARES, in "Archival Science", 6, 2006, pp. 13-68.

[2] www.interpares.org

[3] L. Giuva, M. Guercio (a cura di), Archivistica. Teorie, metodi, pratiche., Roma, Carocci, 2020, p.28.

[4] Ibid. pp. 28-29.

[5] Ibid., pp.29-30

[6] www.interpares.org. 

[7] L. Giuva, M. Guercio (a cura di), Archivistica. Teorie...op.cit., p.30

[8] Su questo tema si consiglia ancora di visitare il sito del progetto www.interparese.org

[9] www.ica.org/en/node/30019

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