Pietro Cavallini, maestro del Medioevo vittima di una fake news

di Antonio Rubino

Probabilmente è tutta colpa del Vasari. Intento, nella sua opera [1], ad affermare il primato toscano della pittura moderna. Quando scrisse della vita di Pietro Cavallini, probabilmente rendendosi conto della statura artistica di questo pittore, mosaicista e miniatore, decise di risolvere, in modo anacronistico, la partita. Vasari indica il Cavallini come un allievo di Giotto. Ebbe un pò di coscienza nel definirlo un "ottimo discepolo". In realtà da questa affermazione si aprì un pregiudizio che non rende onore e merito ad un grande artista e ad un discorso storico-artistico ben più importante.

Il 10 giugno 1308 il re di Napoli Carlo II d'Angiò  firma un documento per riconoscere a Pietro Cavallini "de Roma pictor" un pagamento di quaranta once d'oro. Un artista apprezzato alla corte angioina di Napoli che si presenta nella capitale del Regno con un repertorio rivitalizzato da esperienze che si ricollegano alla scultura di Arnolfo di Cambio e all'arte dei Cosmati. Cavallini a Napoli è già un rivoluzionario: porta sulla scena il superamento della tradizione bizantina e incarna un moderno spirito di osservazione sull'uomo che esalta in maniera vitale gli elementi classici.
P. Cavallini, Crocifissione, Napoli, Chiesa di S. Domenico Maggiore, 1308


Vasari con una pseudo-notizia che declassa il Cavallini a semplice discepolo crede di sorreggere la tesi della nascita dell'arte moderna a Firenze. In realtà, la consacrazione di Giotto oltre che dalle evidenti ispirazione degli artisti contemporanei del Vasari, veniva addirittura da Dante: credette Cimabue, ne la pittura, tener lo campo, e ora ha Giotto il grido [2]. Per cui, il povero Cavallini finisce vittima di una fake news probabilmente inutile, ma dannosa.

Il Giotto reduce dai ponteggi di Assisi (ultimo decennio del '200) ha davvero la scena dell'arte in mano. La sua rivoluzione è evidente: nella cappella degli Scrovegni a Padova (1303-04) per la prima volta assistiamo a un pittore che abbandona totalmente gli elementi stabiliti dalla tradizione (quella bizantina) e procede con un racconto che mette in scena i sentimenti, o almeno quelli che la realtà lascia trasparire. Ciò è evidente nel primo celebre bacio della storia dell'arte, quello tra Anna e Gioacchino, che apre il XIV secolo. 

Giotto, Incontro alla porta d'oro, particolare, Padova, Cappella degli Scrovegni 1304
Prima di questo manifesto del nuovo umanesimo (forse un pò azzardato spingersi a questa definizione, ma davanti a Giotto si può!) Pietro Cavallini aveva operato una trasformazione in senso moderno delle chiese romane. Lavora in San Paolo fuori le mura, Santa Maria in Trastevere, Santa Cecilia, San Pietro e San Francesco a Ripa. Probabilmente è la partenza per Avignone dei papi, nel 1305, a interrompere questa ascesa di Cavallini che si dipana tra celebri mosaici e affreschi che mettono in scena una nuova umanità delle figure. 
Il volto del Cristo giudice nella Basilica di Santa Cecilia a Roma, testimonia il modo nuovo di guardare il mondo di Cavallini che lo affianca a Giotto nella grande impresa di ridare carne, sentimenti e verità alle immagini.
P. Cavallini, Giudizio Universale, particolare, Chiesa di S. Maria in Trastevere, XIV sec.

I mosaici di Santa Maria in Trastevere gareggiano con gli affreschi della cappella degli Scrovegni lungo la strada verso il secolo nuovo, verso un nuovo senso dell'arte che ridona centralità all'uomo. Gli angeli del Giudizio Universale di Santa Cecilia in Trastevere, le figure che più di altre potrebbero risentire di vecchi schemi bizantini, sono invece uomini che vivono lo spazio, come gli apostoli, pronti a condividere con Cristo l'azione in uno spazio vero, riconquistato.

P. Cavallini, Giudizio Universale, particolare, Chiesa di S. Maria in Trastevere, XIV sec.
La rivoluzione del Medioevo ha avuto i suoi capi-popolo. Giotto ebbe il grido, ma Cavallini solo per colpa di una fake news non può finire in secondo piano. Anzi, in un'epoca di forte luce come gli anni a cavallo tra XIII e XIV secolo, Cavallini è tra coloro che mantiene alta la torcia di uno spirito nuovo. Una torcia che illumina tutto il Medioevo che, se fosse come alcuni credono "un'epoca buia", allora dovremmo dire che non esiste...perchè non esiste un'epoca buia più luminosa del Medioevo di Giotto e Cavallini.

[1] G. Vasari, Le vite de più eccellenti pittori, scultori e architettori, 1568
[2] Divina Commedia, Purgatorio Canto XI.
Un utile approfondimento su Cavallini è il libro celebre di P. Toesca, Pietro Cavallini, Milano 1959; si veda anche il Catalogo della mostra tenuta a Roma nel 2004: Dipinti romani tra Giotto e Cavallini, a cura di Angelo Tartuferi e Tommaso Strinati, Electa, Milano 2004.

Commenti

  1. La seconda fake news è attribuire senza i dovuti dubbi gli affreschi della Basilica Superiore di Assisi a Giotto: noi non sappiamo con certezza se Giotto nell'ultimo decennio del Duecento abbia lavorato ad Assisi oppure no! Quindi l'operazione verità promossa dall'articolo potrebbe essere portata un po' più avanti: Giotto potrebbe aver imparato da Cavallini. Condizionale d'obbligo! Troppi esaltatori di Giotto danno per certo ciò che non lo è e non lo può essere.

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