Storie di calcio. La "maledizione" di Bela Guttman

La storia del calcio del Novecento è segnata da quella dei giocatori e degli allenatori. Quando le vicende di questi personaggi si tingono di mistero aumentano il loro fascino: una di queste storie è quella di  Bela Guttman. Nato a Budapest, nel 1899 (m la sua data di nascita non è sicura), frequentava come tutti gli ebrei ungheresi  la grande sinagoga di Budapest, una delle più particolari al mondo, la stessa da cui è partito il mago Houdini, o il signor Emanuel Schwartz, il cui figlio Tony Curtis è diventato un divo di Hollywood. 

Guttman gioca prima a Budapest, poi a Vienna e poi negli Stati Uniti a Brooklin con Erni Erbstein (che sarebbe diventato poi il direttore tecnico del Torino, morto nella tragedia di Superga), quando è in corso la persecuzione razziale contro gli Ebrei, che non riguarda la sola Germania di Hitler, ma anche altri Stati e la stessa Ungheria. Gli Ebrei di Ungheria vengono caricati su treni e condotti verso Auschwitz, dove muore il fratello di Bela Guttman. Lui in qualche modo riesce a cavarsela. Si racconta (ma le storie che riguardano Bela Guttman tornano ad essere piuttosto misteriose), che si sia buttato dal treno proprio insieme a Erbstein, in una notte, mentre stava per essere portato in un campo di concentramento. Poi con la capacità che hanno questi uomini straordinari di risorgere, lo ritroveremo in Italia, sul palcoscenico del grande calcio: Padova, Triestina e Lanerossi Vicenza le squadre allenate, ma soprattutto il Milan.
L’ESONERO AL MILAN E LA CLAUSOLA – (1953-55). Nel club rossonero lanciò Cesare Maldini. Dopo la preparazione atletica estiva, il Milan parte a razzo in campionato (9 vittorie e un pareggio in dieci giornate, oltre a un gioco spumeggiante). Nella sua seconda stagione da allenatore, trascinati anche da Nordahl Liedholm, i rossoneri si ritrovano in vetta alla classifica al termine del girone d’andata.
Qualcosa, però, all’improvviso si interrompe. L’alchimia si spezza. Il Milan perde Schiaffino a causa di una lunga squalifica e diversi altri pezzi pregiati per infortunio. Comincia una lunga serie di passi falsi che porta nello spogliatoio una massiccia dose di nervosismo. A conferma del difficile momento vissuto da Guttmann è emblematica la cena in compagnia della moglie Marianne, il connazionale Lajos Czeizler, ex allenatore del Milan all’epoca alla Sampdoria, e rispettiva consorte. Succede di tutto. Urla, pugni e addirittura una bottiglia spaccata in testa nella zuffa tra le due donne. Non proprio il modo migliore per ritrovare un briciolo di serenità.
Neanche a farlo apposta, Milan e Sampdoria si affrontano giusto due settimane dopo e il netto trionfo dei blucerchiati a San Siro fa partire i titoli di coda sull’avventura rossonera di Guttmann. 
Czeizler al termine della gara ne dice di tutti i colori sul suo connazionale che, in piena notte, viene convocato in sede dalla società. Forte del primato in classifica mantenuto, Guttmann attribuisce il periodo di flessione alle assenze e rimane ad aspettare per ore il verdetto del Milan in un bar accanto alla sede, in compagnia della moglie. Un bicchiere di Pálinka tira l’altro, l’attesa sembra infinita, ma per il controverso allenatore non ci sono speranze. Scatta l’esonero. Béla Guttmann, intercettato poco dopo dai giornalisti, si esibisce in un irriverente inchino e dichiara: “Sono stato licenziato, anche se non sono né un criminale né un omosessuale. Addio”Nessuna maledizione, ma una stoccata sarcastica che rivela tutta l’amarezza per l’epilogo in rossonero e per il trattamento ricevuto, per un allenatore in grado, pochi anni più tardi, di entrare nella storia imprimendo il suo marchio inconfondibile nel calcio brasiliano e di fare del Benfica una delle squadre più gloriose di tutti i tempi. Prima del suo celebre anatema ovviamente.
DAL BRASILE ALLA MALEDIZIONE BENFICHISTA - Da allora mise una clausola in ogni suo contratto: da primo in classifica non può essere licenziato. Finisce in Brasile e spiega ai brasiliani, che “se fanno come dice come lui vinceranno un Mondiale”: accadrà nel 1958 quando la Nazionale verdeoro vinse per la prima volta un titolo Mondiale. L’allenatore ungherese, difatti, è conosciuto dai più per essere stato il vero e proprio artefice del modulo 4-2-4 che, a metà del XX secolo, ha fatto la fortuna di moltissime squadre, sia nazionali che di club. 
Torna in Europa e vince un titolo con il Porto. Poi passa al Benfica, fino a qualche anno prima una squadra semiprofessionistica, vince anche li! Due volte Campione d’Europa. Dopo le due Coppe Campioni consecutive chiede più soldi. A questo punto i benfichisti, convinti che avendo in squadra Eusebio, non possono mai perdere, dicono “quelli come lei li abbiamo mandati via dalla penisola iberica 400 anni fa”. Lui risponde: “Ah sì, e allora io vi dico due cose. Primo: Una squadra portoghese non vincerà mai più due volte di fila la Coppa dei Campioni. E voi in particolare, miei amici, o ex amici, non vincerete mai più una Coppa Internazionale per almeno 100 anni”. 
Il Benfica andrà in finale nel ‘63 e perderà contro il Milan 2-1, poi 4-1 nel ’68 contro il Manchester United e ancora nel 1990, a Vienna. Eusebio e gli altri si recheranno anche al cimitero, dove è sepolto Guttman, portando dei fiori. Perdono ancora: 1-0. 
Negli ultimi anni Il Benfica ha provato a ricordare Guttmann con una statua davanti all’ Estadio da Luz, ma le ultime due finali di Europa League nel 2013 e 2014 sono state altre due sconfitte. 

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