La Champions League: storia di una competizione che unì l'Europa
di Biagio Bianculli
La
musica della coppa dalla grandi orecchie è ormai un richiamo universale. Uno di quei fenomeni sociali diventati inconfondibili. Le partite dei
martedì e dei mercoledì sono un qualcosa di differente, hanno un’altra atmosfera. Di solito è un calciatore che vince la Champions League che si aggiudica anche il Pallone
d’Oro.
La Champions League è figlia della Coppa dei Campioni. Ma, chi ha inventato questa competizione oggi così piena di fascino e di storia? I francesi hanno pensato alle Olimpiadi e ai Mondiali di Calcio, da qualche parte gli inglesi, convinti di essere i fondatori e i maestri del gioco del calcio, dovevano piazzare un colpo.
La Champions League è figlia della Coppa dei Campioni. Ma, chi ha inventato questa competizione oggi così piena di fascino e di storia? I francesi hanno pensato alle Olimpiadi e ai Mondiali di Calcio, da qualche parte gli inglesi, convinti di essere i fondatori e i maestri del gioco del calcio, dovevano piazzare un colpo.
GLI INGLESI INIZIANO AD UNIRE
L’EUROPA CON IL CALCIO.
Gli inglesi avevano invitato nel 1953 a Wembley l’Ungheria, che aveva vinto l’Olimpiade del 1952, pensando che a casa loro potessero battere i magiari. Nel '50 avevano perso addirittura con gli USA. Però a Wembley persero 3-6 e addirittura la rivincita a Budapest per 7-1.
In questa storia diventerà decisiva una partita giocata a Wolverhampton nel 1954. Si inaugurò allo stadio Molineux il sistema di illuminazione (e in questo gli inglesi sono stati tra i primi). Giocano lo Spartak Mosca, il Wolverhampton e la Honved, la più forte squadra ungherese dell’epoca. Quelli di Budapest hanno la meglio sui sovietici e sugli inglesi, grazie ai gol di Ferenc Puskas. Quella partita la vede in televisione anche il piccolo George Best, che non avendone una propria in casa sua andava da un vicino che gli diceva: “Dai George, vediamola insieme”... E lui se li mangiava con gli occhi i giocatori del Wolverhampton, quelli con la maglia gialla. Dirà al vicino di casa: “un giorno anch’io sarò su quella televisione, perché giocherò delle grandi partite”. Il piccolo George aveva ragione.
Nella partita di ritorno gli inglesi tirano fuori dal fango una partita epica da 0-2 a 3-2 e i giornali titolarono: “Grandiosi!”, “Mai vista una partita così”, “Fantastici!”. Però il Daily Mail andò oltre e proclamò il Wolverhampton campione d’Europa.
Gli inglesi avevano invitato nel 1953 a Wembley l’Ungheria, che aveva vinto l’Olimpiade del 1952, pensando che a casa loro potessero battere i magiari. Nel '50 avevano perso addirittura con gli USA. Però a Wembley persero 3-6 e addirittura la rivincita a Budapest per 7-1.
In questa storia diventerà decisiva una partita giocata a Wolverhampton nel 1954. Si inaugurò allo stadio Molineux il sistema di illuminazione (e in questo gli inglesi sono stati tra i primi). Giocano lo Spartak Mosca, il Wolverhampton e la Honved, la più forte squadra ungherese dell’epoca. Quelli di Budapest hanno la meglio sui sovietici e sugli inglesi, grazie ai gol di Ferenc Puskas. Quella partita la vede in televisione anche il piccolo George Best, che non avendone una propria in casa sua andava da un vicino che gli diceva: “Dai George, vediamola insieme”... E lui se li mangiava con gli occhi i giocatori del Wolverhampton, quelli con la maglia gialla. Dirà al vicino di casa: “un giorno anch’io sarò su quella televisione, perché giocherò delle grandi partite”. Il piccolo George aveva ragione.
Nella partita di ritorno gli inglesi tirano fuori dal fango una partita epica da 0-2 a 3-2 e i giornali titolarono: “Grandiosi!”, “Mai vista una partita così”, “Fantastici!”. Però il Daily Mail andò oltre e proclamò il Wolverhampton campione d’Europa.
L’INTERVENTO DEI
FRANCESI: LA COPPA DEI CAMPIONI E IL PALLONE D’ORO
Eh no risposero da Parigi “non è proprio così”.
Lo fa un certo Gabriel Hanot, caporedattore della rubrica calcio dell’Equipe, che scrive un editoriale nel dicembre 1954 in cui sostiene che non si può condividere quell’opinione perché gli inglesi avevano vinto le gare in casa e non in trasferta. Propone quindi di creare una competizione ad hoc per dimostrarlo: un campionato d’Europa tra club. In quel pezzo c’è la genesi della futura Coppa dei Campioni. Si riuniscono in tanti e il contributo decisivo lo diede il presidente del Real Madrid Santiago Bernabeu (che vincerà le prime cinque edizioni). Non potendo utilizzare il nome “Europa” per veto della FIFA, la competizione si sarebbe quindi chiamata Coppa dei Campioni. In più L’Équipe di Hanot si offre di realizzare il trofeo per la squadra vincitrice, mentre il famoso inserto France Football un premio per il miglior giocatore europeo: il Pallone d’oro.
Eh no risposero da Parigi “non è proprio così”.
Lo fa un certo Gabriel Hanot, caporedattore della rubrica calcio dell’Equipe, che scrive un editoriale nel dicembre 1954 in cui sostiene che non si può condividere quell’opinione perché gli inglesi avevano vinto le gare in casa e non in trasferta. Propone quindi di creare una competizione ad hoc per dimostrarlo: un campionato d’Europa tra club. In quel pezzo c’è la genesi della futura Coppa dei Campioni. Si riuniscono in tanti e il contributo decisivo lo diede il presidente del Real Madrid Santiago Bernabeu (che vincerà le prime cinque edizioni). Non potendo utilizzare il nome “Europa” per veto della FIFA, la competizione si sarebbe quindi chiamata Coppa dei Campioni. In più L’Équipe di Hanot si offre di realizzare il trofeo per la squadra vincitrice, mentre il famoso inserto France Football un premio per il miglior giocatore europeo: il Pallone d’oro.
Ai vertici dell’Uefa si stabilisce,
però, che la nuova Europa del calcio non avrebbe dovuto badare alle fratture
della Guerra fredda.
Bisognava invece riunire tutti:
i calciatori delle democrazie popolari, le squadre delle dittature iberiche e
anche quelle del blocco sovietico. E accade.
Accade durante i primi Quarti di finale, quando il Real Madrid si ritrova di fronte il Partizan Belgrado. Dopo il 4-0 di Madrid, gli spagnoli rischiano la più incredibile delle rimonte perdendo 3-0 in Jugoslavia. Passa la squadra di Bernabéu, ma i giocatori in campo alla fine della partita fraternizzano sotto la neve di Belgrado.
La prima finale è subito un successo di pubblico che rende già popolare la competizione. Il 13 giugno 1956, il Parco dei Principi è colmo di parigini attirati dalle stelle madrilene e da quelle dello Stade de Reims. Le due squadre consegnano ai tifosi una partita quasi irreale, ricca di prodezze tecniche e di continui capovolgimenti di fronte. Le merengues sono una squadra irripetibile, frutto però di una corsia privilegiata per l’acquisto di autentici campioni. Il netto dominio degli anni successivi è spiegato dal fatto che il Real, la squadra di Francisco Franco, può naturalizzare spagnoli tutti giocatori che lo chiedono. E sono in molti a chiederlo.
Accade durante i primi Quarti di finale, quando il Real Madrid si ritrova di fronte il Partizan Belgrado. Dopo il 4-0 di Madrid, gli spagnoli rischiano la più incredibile delle rimonte perdendo 3-0 in Jugoslavia. Passa la squadra di Bernabéu, ma i giocatori in campo alla fine della partita fraternizzano sotto la neve di Belgrado.
La prima finale è subito un successo di pubblico che rende già popolare la competizione. Il 13 giugno 1956, il Parco dei Principi è colmo di parigini attirati dalle stelle madrilene e da quelle dello Stade de Reims. Le due squadre consegnano ai tifosi una partita quasi irreale, ricca di prodezze tecniche e di continui capovolgimenti di fronte. Le merengues sono una squadra irripetibile, frutto però di una corsia privilegiata per l’acquisto di autentici campioni. Il netto dominio degli anni successivi è spiegato dal fatto che il Real, la squadra di Francisco Franco, può naturalizzare spagnoli tutti giocatori che lo chiedono. E sono in molti a chiederlo.
Nei primi dieci minuti
di gioco, però, la squadra di José
Villalonga si ritrova sotto di due reti, ma nel giro di quindici
minuti pareggia grazie proprio alle reti di due argentini naturalizzati
spagnoli, simboli della politica dispendiosa di Santiago Bernabéu: Héctor Rial e Alfredo Di Stefano. Sono loro i
protagonisti della rimonta e della vittoria
per 4-3. Per la prima volta con una
competizione europea si rese l’Europa più vicina. La Champions ha avuto enorme peso sociale
dopo anni di guerra e odio, che è andata al di là del semplice gioco del
calcio. Con l’Europa in pace è un piacere seguire la Champions, ma all’epoca significò
anche qualcos’altro.
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